Mercoledì 24 Aprile 2024

Coronavirus, la terapia al plasma divide gli esperti

La cura prevede l'uso degli anticorpi presi da pazienti che hanno superato la malattia. Positive esperienze a Mantova e Pavia

Coronavirus, terapia al plasma (Ansa)

Coronavirus, terapia al plasma (Ansa)

Roma, 4 maggio 2020 - Una terapia per la sindrome da virus SARS-CoV-2 viene dal plasma dei pazienti in convalescenza. Si tratta di ricorrere ai soggetti che hanno contratto l'infezione da Coronavirus e che hanno sviluppato anticorpi in grado di neutralizzare ulteriori attacchi. Questa tecnica è stata ampiamente utilizzata in passato, basti pensare alla infusione di immunoglobuline per neutralizzare le spore del tetano nelle ferite profonde (una volta si temeva la ruggine del ferro), per cui gli emoderivati venivano somministrati a quanti erano sprovvisti di validi richiami della vaccinazione antitetanica. Nei casi che vediamo oggi, la terapia con plasma impiega concentrati di immunoglobuline iperimmuni con elevato titolo anticorpale, cioè contententi proteine specifiche che neutralizzano il SARS-CoV-2, prodotti che vengono trasfusi a persone ospedalizzate in condizioni critiche. Il plasma iperimmune è stato utilizzato nelle due precedenti epidemie da Coronavirus, Sars e Mers. Attorno a questa terapia si è sviluppata una diatriba, tra sostenitori e detrattori, anche se ultimamente, occorre dire, i distinguo sono sempre più sfumati, e le risposte degli scettici si fanno via via più diplomatiche, di fronte a una casistica che parla da sola e che raccoglie crescenti apprezzamenti. Vediamo qualche opinione a confronto.

DE DONNO - "Siamo riusciti a Mantova, insieme con Pavia, a realizzare questa sperimentazione che è molto seria“. Così Giuseppe De Donno, primario presso il Reparto di Pneumologia dell'Ospedale Carlo Poma di Mantova. “Abbiamo cercato un'arma che ci permettesse di salvare più persone possibili, perfezionando un'idea che già esisteva. Questo è un protocollo ambizioso. Tra Mantova e Pavia abbiamo trattato quasi 80 pazienti col plasma. Di tutti questi pazienti, che avevano problemi respiratori gravi ma non gravissimi, nessuno è deceduto, la mortalità del nostro protocollo finora è zero".

PEROTTI - “Questa è una terapia che funziona bene con costi ridotti, ha scritto il primario del San Matteo di Pavia, Cesare Perotti. Sono già più di 250 i pazienti guariti che si sono recati in ospedale per donare il plasma. A Pavia si sta pensando anche di creare una Banca del plasma, per conservare alcune sacche donate in vista di un'eventuale nuova ondata di contagi in autunno. La procedura di donazione dura al massimo 30-40 minuti: viene prelevato solo il plasma, attraverso un separatore cellulare, poi testato per verificare la sua capacità di neutralizzare il coronavirus. Qui non sono in ballo interessi economici, ma solo la salute delle persone e la possibilità di salvare i malati più gravi”.

VIALE - “L'utilizzo del plasma in pazienti affetti da nuovo Coronavirus dovrebbe avere una rigorosa fase sperimentale e un più lungo follow up prima di essere considerato terapia di riferimento”. Così Pierluigi Viale, componente dell'Unità di crisi Covid-19 per l'Emilia-Romagna. Viale, direttore della cattedra di malattie infettive presso il Policlinico Sant'Orsola di Bologna, ritiene “azzardato somministrare passivamente anticorpi a un paziente, specie in una fase di malattia in cui sia possibile utilizzare risorse alternative, fino a quando non sarà chiarito il rischio che Covid-19 possa sfruttare il meccanismo attraverso cui gli anticorpi fungono da vettore di infezione da altro sierotipo” e che “potrebbe innescare patologie immuno-mediate”.

REZZA - Lo studio che utilizza gli anticorpi estratti dal plasma dei guariti, “ha dato apparentemente risultati promettenti, attendiamo con ansia e speranza prove scientifiche di efficacia”. Così Giovanni Rezza, direttore dipartimento malattie infettive dell'Istituto Superiore di Sanità. La plasmaterapia, ha spiegato, è un metodo che “si pratica da tempo, con successi alterni, è stato usato anche per Ebola. Ma non è un approccio semplicissimo: bisogna trovare donatori, che hanno superato la malattia e sono convalescenti, perché hanno molti anticorpi”. “Difficilmente può esser praticato su larga scala perché prende tempo, ma può dar vita a altre forme di trattamento, come gli anticorpi monoclonali. Perché gli anticorpi che proteggono nella plasmaterapia possono essere prodotti in laboratorio, con meno effetti collaterali”.

BURIONI. Terapia con il siero di pazienti guariti da Covid-19, il virologo Roberto Burioni nel suo sito Medical Facts cita gli studi in corso di Fausto Baldanti dell'Università di Pavia. “In questo caso - spiega Burioni - vengono arruolati nella donazione del plasma i pazienti che contengono un'alta quantità di anticorpi in grado di neutralizzare il virus, e in questo caso i risultati sembrano ancora più incoraggianti. Questa terapia è molto promettente, ma dobbiamo capirne bene i limiti". Inoltre, "la tecnologia consente di isolare i geni e produrre in laboratorio una quantità illimitata di siero artificiale, grazie al clonaggio di anticorpi monoclonali umani. Il problema è che per produrre e sperimentare il siero artificiale ci vuole tempo".

SILVESTRI - "Noi alla Emory University il siero lo abbiamo usato con Ebola. E anche nel caso del Coronavirus, ci sono studi internazionali pubblicati, in quanto il plasma è stato testato sui pazienti in Cina durante la prima fase della pandemia”. Così l'immunologo Guido Silvestri, dagli Usa. “In America il trattamento è approvato, a oggi negli Usa sono state fatte 4.400 infusioni con plasma donato da oltre ottomila convalescenti”. Ma di cosa si tratta? Lo specialista spiega che il plasma, ovvero la parte liquida del sangue, contiene acqua, proteine, nutrienti, ormoni, quindi senza elementi corpuscolati (ossia globuli rossi, globuli bianchi e piastrine). In particolare contiene una quota di anticorpi che si sono formati dopo la battaglia vinta contro il virus, i cosiddetti anticorpi neutralizzanti, che si legano all'agente patogeno e lo marcano.

CAPUA - "La sperimentazione su plasma è un metodo antichissimo, utilizzato quando non c'erano antibiotici. Si usa ancora per la rabbia, dopo il morso di un cane a una persona non vaccinata, ma non si usa più ad esempio nel siero per il morso delle vipere. Oggi non esistono però malattie che si curano col siero. Si tratta di una pratica abbandonata perché è sempre un pò una trasfusione di materiale biologico e quindi sempre un pò a rischio. Benissimo la sperimentazione, ma con valutazione dei rischi". Così la virologa Ilaria Capua, dagli Stati Uniti.

GRINGERI - “Sono molto positivi i risultati registrati dalla somministrazione di plasma iperimmune da convalescente a pazienti con Covid-19 in condizioni critiche – ha affermato Alessandro Gringeri, direttore medico, ricerca e sviluppo di Kedrion Biopharma -. I centri trasfusionali di Mantova, Padova e Pisa hanno ricevuto gratuitamente la strumentazione per questa procedura, unitamente ai kit utili alla inattivazione virale. Sono così in grado di preparare oltre tremila unità con alto contenuto di anticorpi specifici neutralizzanti il SARS-CoV-2. Il protocollo clinico-sperimentale è stato sviluppato dal Servizio di Immunoematologia e Medicina Trasfusionale del San Matteo di Pavia in collaborazione con altre strutture, come quelle di Lodi e Mantova, e dall’Azienda Ospedaliera Universitaria di Padova”.