Giovedì 18 Aprile 2024

Coronavirus, limiti agli spostamenti tra regioni: i dubbi dei costituzionalisti

Mirabelli, presidente emerito della Consulta: "Non si possono mettere barriere alla libertà di circolazione"

Polizia esegue controlli durante l'emergenza per il Coronavirus

Polizia esegue controlli durante l'emergenza per il Coronavirus

Roma, 25 aprile 2020 - Già sollevato dalla questione Dpcm, il dibattito sulle misure restrittive imposte in questi mesi dal governo Conte si riaccende ora in vista degli annunciati limiti alla mobilità interregionale. Misure che dovrebbero accompagnare, a partire dal prossimo 4 maggio, la cosiddetta ‘Fase 2’ dell’emergenza sanitaria prefigurando tuttavia possibili, se non evidenti, profili di incostituzionalità. Perplessità giuridiche che emergono dall’analisi del testo costituzionale imponendo, pur in tempo di pandemia, una seria riflessione sul tema che vede al centro il rispetto del principio di ragionevolezza. Alla base del ragionamento vi è, innanzitutto, la suddivisione stessa dello Stato italiano. 

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"Non ci sono confini tra le regioni, o meglio ci sono geograficamente e istituzionalmente per quel che riguarda la competenza regionale, ma dal punto di vista della libertà di circolazione non ritengo che possano esserci queste barriere – spiega il presidente emerito della Corte costituzionale, Cesare Mirabelli –. Anzi un’idea di questo genere alimenterebbe la posizione che è stata espressa da alcuni presidenti di Regione di controllare l’afflusso e il deflusso dal proprio territorio. Se ci sono elementi di carattere sanitario, questi vanno valutati in concreto".

In sostanza se è comprensibile che la norma voglia porre una restrizione agli spostamenti è ragionevole far riferimento al territorio regionale? Per Mirabelli, nonostante l’emergenza sanitaria imponga delle misure straordinarie, "il divieto dovrebbe essere ancorato non tanto alla individuazione generica del territorio ma all’indicazione del criterio sanitario che esige protezione. La misura – sottolinea – deve essere adeguata all’obiettivo che si vuol perseguire e cioè la tutela sanitaria che va definita per area geografica o in base all’intensità di focolaio infettivo. Senza dubbio non per regione. La mobilità territoriale può, infatti, essere limitata solamente con un criterio di restrizione ragionevole perciò adeguato e proporzionale rispetto all’obiettivo. E questo non lo è".

Sulla stessa linea anche Alfonso Celotto, ordinario di diritto costituzionale dell’Università degli studi Roma Tre che, partendo dagli stessi principi, amplia il discorso all’intera gestione dell’emergenza da parte del governo Conte. "Tutto l’impianto costituzionale delle riserve di legge inizialmente è stato dimenticato. Posso anche capire – afferma Celotto – che nelle prime settimane la garanzia della riserva di legge, cioè quella volta ad assicurare che in uno Stato democratico il dibattito avvenga in Parlamento, fosse stata messa da parte. Ma la somma urgenza che il governo può essersi trovato ad affrontare nelle prime settimane oggi, dopo mesi che siamo in questa situazione, andrebbe un attimo contemperata". In questo scenario per Celotto «non si possono limitare gli spostamenti tra le regioni salvo in presenza di comprovate ragioni eccezionali. Avrebbe più senso, in presenza di particolari criticità, attuare delle limitazioni in delle aree più piccole». A livello generale per il costituzionalista "dal punto di vista giuridico e costituzionale si sta gestendo male la situazione. Bisogna riuscire a mediare la sicurezza sanitaria con le esigenze di tenuta dell’ordinamento".

 

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