Coronavirus, eroi (e furbetti) della didattica a distanza

C'è chi torna in anticipo dalla malattia e chi rinuncia al congedo. Una prof: non posso lavorare perché non ho connessione. E la preside le manda a casa computer e sim

Didattica a distanza

Didattica a distanza

Roma, 23 aprile 2020 - Una docente di informatica, appena iniziato il lockdown, ha interrotto qualsiasi comunicazione con la scuola. La preside l’ha richiamata al suo dovere, occuparsi dei suoi studenti. Allora la prof ha fatto rispondere da un avvocato: non poteva davvero farci niente, purtroppo a casa non aveva la connessione e neppure il computer. E qui la dirigente scolastica ha avuto un colpo di genio: le ha fatto recapitare a domicilio tutto l’occorrente per lavorare da remoto, scheda sim compresa. Lamberto Montanari, responsabile in Emilia Romagna dell’Anp – associazione nazionale presidi – racconta l’episodio che conosce bene perché se ne è occupato direttamente. Perché sì, ammette, tra tanti che s’impegnano con grande energia e abnegazione, a scuola c’è stato anche chi – una minoranza, sottolinea – quando è scoppiata l’emergenza Coronavirus si è tirato indietro. O, paradossalmente, in qualche caso è tornato sui suoi passi. Si segnalano infatti ripensamenti su richieste di congedo, 104, e ci sono persino malattie accorciate. Perché? Perché ora si può lavorare da casa. Così ha colto l’occasione anche quel dirigente amministrativo che ha appena chiesto di rientrare in servizio da remoto, senza spostarsi dalla regione del sud dove abita. Racconta Montanari: "Con la quarantena ha chiesto di lavorare, ma solo dopo aver imparato il mestiere con l’aiuto di un assistente. Perché non aveva mai esercitato".

Però il responsabile Anp dell’Emilia Romagna mette in guardia: "Questi due casi sono reali ma non vorrei si eccedesse nella rappresentazione dei furbetti. La didattica a distanza è una cosa seria, che aumenta lavoro e produttività e ci porta nel futuro. Il problema di chi la sfrutta con altri scopi è limitato. Piuttosto, mi sembra molto più grave l’atteggiamento di contrasto dei sindacati rispetto a quest’attività.  Si sono opposti subito alle indicazioni del ministero. Hanno obiettato che non è previsto dal contratto e che solo loro possono discutere le modalità di un eventuale impegno. Inaccettabile questo atteggiamento di voler interferire su ogni questione, anche in emergenza. Qui c’è di mezzo l’autonomia delle istituzioni scolastiche. Non solo chi la pensa così tiene la testa rivolta all’indietro ma è oscurantista. Per fortuna il problema riguarda una minoranza di docenti, direi 4 o 5 su cento in ogni istituto". Il presidente nazionale dell’Anp Antonello Giannelli ridimensiona il fenomeno dei furbetti da casa – "nessuno sa quantificarlo, mi pare marginale"–, con la premessa che comunque "la didattica a distanza è un impegno maggiore di prima". E conferma l’analisi il responsabile dell’associazione in Lombardia, Massimo Spinelli. Chiarisce: "Anche a me sono state segnalate persone che avevano preso l’aspettativa per motivi di famiglia e che sono rientrate in servizio perché potevano lavorare da casa. Quindi hanno deciso di non sprecare quella possibilità, riservandola ad un altro momento. Oppure docenti che avevano fatto richiesta di congedo parentale e hanno rinunciato, perché non era più necessario e preferivano sfruttarlo alla ripresa del lavoro. Che poi non c’è stata ma l’idea era questa. E ci sono state malattie concluse in anticipo. Sono notizie estemporanee che arrivano da telefonate o mail... Non so davvero di che numeri parliamo. Sicuramente è una minoranza, quanto esigua non sono in grado di dirlo. Comunque un numero controbilanciato da tantissimi docenti che pur non avendo esperienza di didattica a distanza si sono impegnati a fare tutto quello che era nelle loro possibilità. Per questo dico che nelle situazioni straordinarie viene fuori il peggio e il meglio delle persone". Naturalmente le vittime di questi ripensamenti sono  i supplenti. Anche perché ai primi di aprile per loro è arrivata la doccia fredda. Prima il ministero aveva assicurato che non avrebbero rischiato nulla poi con una nota ha fatto dietrofront, precisando che non c’era la copertura finanziaria. L’operazione, secondo il preside, era a rischio Corte dei Conti. Perché una delle regole fondamentali nel pubblico "è che non possono essere retribuite due persone per la stessa prestazione". D’altronde il titolare non può essere lasciato a casa se chiede di rientrare perché "ha comunque la precedenza sul supplente".