Coronavirus, la chef e quella lettera al premier: "Un altro mutuo? No, smetto"

La ristoratrice-simbolo: "L'aiuto dello Stato qual è? Mi dà la possibilità di fare un altro debito"

La chef Mariagrazia Ferrandino, 49 anni, nella sua cucina

La chef Mariagrazia Ferrandino, 49 anni, nella sua cucina

Roma, 9 aprile 2020 - "No grazie, signor Presidente, un altro mutuo non voglio accenderlo, mi basta quello che ho". È l’incipit di uno sfogo dai toni pacati e dignitosi, espresso con l’asciuttezza di chi ha sempre lavorato con passione e in silenzio; ma la sostanza è di fuoco, come ‘di fuoco’ voleva essere la potenza del decreto salva imprese presentata dal premier Giuseppe Conte pochi giorni fa e rivolto anche agli imprenditori come lei. E le parole della signora Mariagrazia Ferrandino, 49 anni, ristoratrice, titolare con suo figlio della ‘Trattoria Nonna Peppina’ di Apricena, nel Foggiano, sono scritte proprio per il presidente del Consiglio, per coincidenza suo conterraneo (è nato a Volturara Appula, a settanta chilometri dal paese di Mariagrazia).   Attraverso un post su Facebook, Mariagrazia, prima di raccontarsi nella sua passione di ristoratrice - "noi non offriamo solo cibo, offriamo un’esperienza, offriamo sorrisi, abbracci, offriamo serenità, spensieratezza, uno stato d’animo" - lancia quella che è diventata subito una bomba sui social: "Avrei voluto continuare a lavorare ma non mi resta che tenere giù le serrande e chiedere il reddito di cittadinanza". Il post in poche ore diventa virale, tra like, condivisioni e commenti. Il folto popolo delle Partite Iva e dei ristoratori si sente rappresentato e partecipa. Tanti stanno con lei, pochi la criticano, più che altro perché la invitano a non mollare, a combattere senza sottrarsi, e a non cedere alla triste tentazione di un sussidio fine a se stesso.   Lei risponde con cortesia ai commenti e fa capire che l’idea di mollare tutto e chiedere il reddito era nata più che altro come una provocazione, un sussulto di dignità rispetto alle soluzioni offerte dal governo e al modo in cui sono state presentate; nella sostanza, in fin dei conti le sembrano assomigliare molto più a un ennesimo debito piuttosto che a un aiuto o a un risarcimento per i danni subiti. I soldi eventualmente concessi per ripartire, garantiti dallo Stato ed erogati dalle banche, dovranno pur sempre essere restituiti e con modalità che, per ora, non sono state chiarite.

Le saracinesche di Nonna Peppina, intanto, restano abbassate. Dopo i decreti che hanno sancito la chiusura dei ristoranti, il piccolo business di madre e figlio è stato spazzato via. In un amen, addio clienti: né paesani in vena di un pranzo speciale, né imprenditori settentrionali giunti ad Apricena per acquistare marmi e pietra nella zona.   Eppure, la chiusura definitiva dell’attività sarebbe una conclusione troppo amara, se davvero si dovesse realizzare, per una vicenda di vita e di lavoro costruita giorno dopo giorno e che, prima del ciclone Covid-19, consentiva a madre e figlio, lei in cucina e lui in amministrazione, un’esistenza di sacrifici e preoccupazioni, ma pur sempre scelta tutti i giorni con entusiasmo.  "È il mestiere che abbiamo scelto noi, rinunciando al posto fisso, detto alla Checco Zalone, ed è la vita e il mestiere che amiamo". E non avere il posto fisso oggi significa, per tanti imprenditori italiani, "mettere in ballo tutto quello che si ha sul proprio lavoro senza aver paura d’indebitarsi". Perciò, conclude Mariagrazia, "Non accetto che lei, Signor Presidente, dica che lo Stato ha messo a disposizione tot milioni/miliardi. Lei ci invita solo a fare altri debiti per poter lavorare. Lo so, non ha voluto né Lei né io questa situazione, ma io ho perso tutto e Lei no. Grazie infinite".