L'infettivologo: non ci sono morti per coronavirus

Mauro Bassetti, primario al San Martino di Genova: "I deceduti segnalati finora avevano il morbo, ma le loro condizioni erano compromesse da altre patologie"

Il professor Matteo Bassetti

Il professor Matteo Bassetti

Genova, 28 febbraio 2020 - "Finiamola con gli allarmismi da Coronavirus. Di questa malattia, salvo rari casi, non si muore. Semmai l’infezione aggrava un quadro clinico già compromesso al punto da poter condurre al decesso un paziente di per sé in gravi condizioni". Tra un giro visite in reparto e una pausa pranzo il professor Matteo Bassetti, direttore della Clinica di malattie infettive dell’Ospedale San Martino di Genova, prova a mettere una pietra tombale sull’isteria collettiva che ha contagiato gli italiani una volta registrati i primi casi di Covid-19 anche nel nostro paese. Lo fa sciorinando dati scientifici e a partire dalla propria esperienza professionale ("Da noi sono ricoverati sei pazienti: la maggioranza potrebbe stare a casa, seguita dal proprio medico, in un solo caso il quadro respiratorio è leggermente più complicato").

Professore, che cosa si sente di dire a chi assiste con paura ai più di 650 casi di contagio, tra i quali 17 decessi? "Al di là di chi dirama questi numeri come se fosse un bollettino di guerra, è bene sottolineare che dei positivi al virus, deceduti in questi giorni, al massimo in due o tre sono morti per colpa del patogeno. Gli altri sono spirati con l’infezione, non a causa di questa".

Ha fatto discutere il caso dell’anziana del Lodigiano morta in casa alla quale è stato effettuato il tampone post mortem. "Francamente non so a chi possa essere venuto in mente di recarsi nell’abitazione della signora, farle il test a decesso avvenuto e sostenere che è stata uccisa dal Covid-19. Siamo fuori da qualsiasi logica di medicina, perché parliamo di una paziente di una certa età che, anche se transitata dal Pronto soccorso di Codogno, dove si è propagato il virus, può essere morta per altri mille motivi".

Quali sono i dati reali sul tasso di letalità della malattia? "Siamo sul 2,3% nell’Hubei, la provincia cinese epicentro dell’epidemia. In quell’area il sistema sanitario è collassato, i pazienti sono stati curati alcuni in ospedale, altri nelle palestre, altri ancora nelle roulotte. Nel resto della Cina la letalità si ferma all’0,3%, mentre fuori dal paese asiatico il dato si attesta fra l’0,4-0,8%. Queste cifre devono essere comunque prese con le molle".

In che senso, professore? "Si sommano le mele con le pere e i mandarini. Cioè, vengono prese in esame persone decedute positive al Covid-19, ma non per forza morte per questo tipo d’infezione".

Qualcosa di simile accade anche con l’influenza tradizionale, vero? "Esatto, ogni anno per il virus influenzale perdono la vita fra i 200 e i 400 pazienti a fronte di altri 10mila che muoiono, perché l’agente patogeno ha fatto precipitare un quadro sanitario alterato da altre malattie".

In sintesi che tipo d’infezione è quella da Covid-19? "Non così devastante come si è fatto intendere all’inizio, quando siamo rimasti choccati dal vedere per televisione la gente in Cina morire per strada. Il nostro sistema sanitario è più evoluto, siamo in grado di fronteggiare questa patologia con la quale dobbiamo convivere".

Tana libera tutti allora? "Questo no. È opportuno contenere la circolazione del Coronavirus visto che non abbiamo anticorpi, né vaccini o cure specifiche. Il fatto che stiamo enuncleando i focolai dell’infezione è un risultato positivo".

Ha senso girare con la mascherina? "Se uno è stato contagiato o è entrato in contatto con persone infette, è bene che la indossi per proteggere gli altri. Per il resto, non ha alcun senso metterla sul bus o in metropolitana a Genova o Bologna, città dove non abbiamo focolai, per difendersi dall’infezione".

Potevamo fare di più per scongiurare l’arrivo in Italia del virus? "Evidentemente il sistema si è bucato, ma credo che, al di là degli sforzi del nostro Paese, dobbiamo renderci conto che vige il Trattato di Schengen sulla libera circolazione dei cittadini dell’Unione. Ovvero, se in tutta l’Unione non si chiudono le frontiere, possiamo anche ipotizzare che l’infezione l’abbiano esportata proprio quei Paesi che oggi ci trattano da appestati".

In Francia e Germania i contagiati sono molto meno. "Finora non hanno cercato il Covid-19 in maniera approfondita, come, invece, abbiamo fatto noi, sottoponendo al test anche gli asintomatici. Non è possibile che Oltralpe dove si registra una trentina di voli giornalieri dalla Cina vi siano solo una dozzina di contagiati".