Giovedì 18 Aprile 2024

"Malati curati troppo tardi". Il capo del 118: così non li salviamo

Grido d'allarme di Balzanelli: in poche ore si arriva all'insufficienza respiratoria e la situazione precipita

Coronavirus, un'ambulanza in servizio (Ansa)

Coronavirus, un'ambulanza in servizio (Ansa)

Roma, 26 marzo 2020 - Mario Balzanelli, presidente della Società italiana sistema 118, forte soprattutto al sud. Italia prima al mondo per numero di morti da Coronavirus. "Dobbiamo intervenire prima che sia troppo tardi. Da quando una persona comincia a respirare male fino all’insufficienza acuta grave l’evoluzione è rapidissima. E va da trenta minuti a tre ore". C’è quella parola terribile, affanno: il segnale. "Perché non iniziamo le terapie agli oligosintomatici, quelli con pochi sintomi, positivi al tampone? Oggi queste persone vengono lasciate a casa a ’svernare’. Quando la situazione precipita, non resta che intubare chi sta male. Ecco il punto chiave". «Avrete pazienti stabili che nel giro di mezz’ora andranno in insufficienza respiratoria», ha scritto un rianimatore lombardo ai colleghi. Per dire: preparatevi, avrete i minuti contati. "E questa è la mia battaglia. Perché quando fai la tac, il polmone è già distrutto. Ripeto: dobbiamo fare i tamponi ai casi sospetti e quindi trattare con gli antivirali tutti quelli che si dimostrano positivi al Covid-19 e che stanno a casa. Questo si deve capire. E ritengo assolutamente inadeguato che un’emergenza squisitamente sanitaria sia stata affidata alla Protezione Civile e non al ministero della Salute". Solo che, andando all’origine del suo ragionamento, non stiamo facendo tamponi diffusi. "Invece bisogna farli subito e iniziare subito le terapie. Secondo: tutti i casi positivi devono essere messi in quarantena centralizzata, in posti dedicati. Non possono tornare a casa, dove infettano i familiari". E dove sono le strutture? Chi ci deve pensare? "Ci devono pensare le Asl. Convertano gli ospedali chiusi. Destinino allo scopo i palazzetti dello sport. Possono fare tende da campo. Ma il Covid non doveva e non deve entrare negli ospedali. Perché se entra, ha un indice di contagiosità nosocomiale altissimo, del 41%. Quindi, portarlo dentro è un errore catastrofico". Tornando all’affanno. "Bisogna anticipare la rivelazione dell’insufficienza respiratoria acuta con il saturimetro". Sta dicendo che quello strumento dovrebbe essere a casa di tutti? "Sicuramente a casa di tutti i pazienti sospetti Covid o positivi che stanno in isolamento. Se è un’operazione realizzabile? Sicuramente, con tutto il dispendio di risorse che c’è". Siamo ancora in tempo a invertire la rotta? "Certo non abbiamo una situazione che si possa dire avviata rapidamente verso la sua risoluzione. E allora rispondo alla domanda con un’altra domanda: quanti altri morti dobbiamo rischiare?". Voi del 118 siete la prima linea. "Io me ne sono andato di casa per non mettere in pericolo i miei bambini e mia moglie. Non li vedo da non so quando, ormai. Mancano da morire. Come me hanno fatto tantissimi altri colleghi. Poco fa parlavo con un’anestesista, mamma con figli piccoli. È disperata. Chi governa e chi decide si chiede che cosa stiamo vivendo sul campo?". Qual è il sentimento tra gli equipaggi del 118? "Le persone sono furibonde. Mancano i dispositivi di protezione individuale, le uniche mascherine in grado di farci stare tranquilli davvero sono del tipo FFP3. Ma non ci sono per tutti, mi arrivano segnalazioni da tante regioni. Vuol dire che  i nostri mezzi potrebbero fermarsi. Le persone si rifiutano di andare a morire, perché lo Stato non le protegge". Ci sono rivolte in corso? "Si stanno moltiplicando gli esposti alle procure della Repubblica. Io cerco di parlare con tutti, proviamo a fare gruppo. Ma quando questa storia sarà finita, si faranno i conti del perché ci sono stati tutti questi contagi tra i sanitari". La sua organizzazione raccoglie soprattutto adesioni al sud. In Italia esistono due modelli di 118? "Ci sono sicuramente concezioni diverse. Il sistema lombardo è centrato su una visione demedicalizzata, con volontari che tendenzialmente portano tutti in ospedale. Noi invece crediamo in un 118 gestito da medici e infermieri che vanno sul campo, trattano sul posto le persone e le portano in ospedale il meno possibile".

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