Giovedì 25 Aprile 2024

Coronavirus, Gallera: "Lombardia al limite ma continuiamo a resistere"

L’assessore al Welfare Gallera e la battaglia al Covid19. "Da tre settimane facciamo l’impossibile, non so chi ci riuscirebbe"

Giulio Gallera, assessore al Welfare della Lombardia (Imagoeconomica)

Giulio Gallera, assessore al Welfare della Lombardia (Imagoeconomica)

Milano, 16 marzo 2020 - Dalla sera del 20 febbraio, la scoperta del "paziente uno" dell’epidemia italiana di Coronavirus a Codogno, ha accantonato gli allenamenti da runner, ma Giulio Gallera, avvocato di 50 anni, forzista, dal 2016 assessore al Welfare della Regione Lombardia non ha mai smesso di correre. Insieme a una trentina tra dirigenti, medici, specializzandi che han fatto anche notti all’unità di crisi del sesto piano del grattacielo regionale, a elaborare dati e strategie, spostare personale e pazienti, creare posti in terapia intensiva: "Non si finisce mai. A volte qualcuno urla, qualcuno piange perché è durissima, poi riabbassiamo la testa e andiamo avanti. Non c’è alternativa".

Battaglia per l’ospedale a Milano. Fontana: "Noi andiamo avanti"

Com’è la situazione negli ospedali lombardi? "Il nostro servizio sanitario da tre settimane fa cose incredibili e non so quali altre Regioni o Paesi ci sarebbero riusciti. Stiamo resistendo, è sempre più difficile. Il Governo ci ha chiesto di aumentare del 50% i posti di terapia intensiva, siamo partiti da 724 e ora siamo a 1.200, un incremento del 65%. Il 10% dei malati è uscito dalla terapia intensiva, il 10% è morto, gli altri ci rimangono due-tre settimane. Stiamo facendo uno sforzo titanico, ma è chiaro che i nostri ospedali stanno arrivando a saturazione". Le mascherine per il personale sanitario? La Regione ne ha recuperate 700mila, basteranno per due giorni e mezzo. "Le cerchiamo dappertutto e ne abbiamo poche, le distribuiamo quasi giorno per giorno. Stringiamo i denti, come per i posti letto, i respiratori, non c’è un ambito in cui siamo sereni, però reggiamo da 24 giorni". La Protezione civile ha mandate più di 200mila mascherine in panno da polvere. "Guardi, io sono un amministratore serio, non faccio polemiche politiche in un momento del genere. Due volte ho sbottato in 24 giorni, la prima quando è stato messo in discussione l’operato del personale dell’ospedale di Codogno (da parte del premier Giuseppe Conte, ndr), l’altra adesso: devo difendere le donne e gli uomini che si dedicano ai malati Covid, un compito estremo anche psicologicamente. Il ministro Boccia dice che ci hanno mandato 500mila mascherine in 23 giorni, in Lombardia ne consumiamo 300mila al giorno: forse non c’è comprensione della guerra che stiamo combattendo qui. Dopodiché andiamo avanti, siamo sulla stessa barca". Sinora, con la rete Cross, la Lombardia ha trasferito 40 pazienti a terapie intensive di altre regioni, e solo 10 avevano il Covid. Perché così pochi? "Posto che il problema noi l’abbiamo sulle polmoniti da Covid, le altre regioni hanno molte meno terapie intensive, e nessuna ha tanti ospedali quanti la Lombardia, anche grazie al sistema pubblico-privato. Se la nostra e altre regioni con un sistema sanitario forte sono quelle che hanno il problema, è evidente che non si risolve “spalmando” pazienti in regioni che non hanno capacità nemmeno per i loro bisogni. Perciò l’ospedale con 500 letti di terapia intensiva alla Fiera di Milano sarebbe la risposta-Paese che serve a tutti". La Protezione civile venerdì ha detto di non avere né i respiratori né 500 medici e 1.200 infermieri specializzati. "È sicuramente complicato, forse ci sarebbe voluta più prudenza quando ce li hanno promessi. Capisco che altre Regioni abbiano remore a inviare personale, temendo un’estensione dei contagi, ma sarebbe un hub al servizio del Paese, e dei territori che quasi non hanno terapie intensive. Noi andiamo avanti col piano B, riattiveremo in 5 giorni aree vuote di alcuni ospedali per aprire fino a 192 posti di cure intensive, senza abbandonare il progetto: abbiamo chiamato Guido Bertolaso, che può aiutarci a recuperare il personale e le attrezzature necessari". Con le attrezzature ogni Paese europeo gioca per sé. "Manca dall’inizio una regìa europea. Forse ora qualcosa può cambiare, l’Europa può dimostrare la sua forza per gli approvvigionamenti, il sostegno economico, una gestione dell’emergenza e del dopo, perché per sei mesi/un anno servirà attenzione agli spostamenti. Lo dico da liberale ed europeista convinto: è l’ultima occasione che ha l’Ue per dimostrare di non essere solo quella che impone sacrifici. Per comportarci come un grande continente".