Coronavirus, lavoro da casa e assenze. Come funziona e cosa si rischia

La paura del contagio non basta: serve l’ordine dell’autorità, la chiusura dell’azienda o la necessità della quarantena

A breve un provvedimento ad hoc per la sicurezza dei lavoratori pubblici (foto ImagoE)

A breve un provvedimento ad hoc per la sicurezza dei lavoratori pubblici (foto ImagoE)

Roma, 25 febbraio 2020 - Non andare al lavoro per la paura del Coronavirus fa rischiare anche il licenziamento. Da solo, quel timore non giustifica l’assenza. La situazione cambia completamente, però, se c’è una disposizione dell’autorità, come accade nelle cosiddette zone rosse, o si è obbligati o auto-obbligati alla quarantena: in questi casi è salvo il posto di lavoro ed è garantita direttamente, o attraverso ammortizzatori e indennità di malattia, la retribuzione. A offrire una prima mappa sulle regole applicabili al lavoro durante l’emergenza Coronavirus sono i consulenti del lavoro. E questo mentre nelle aziende private delle regioni interessate dal contagio si moltiplica il ricorso allo smart working e negli uffici pubblici entra in gioco la nuova direttiva su telelavoro e comportamenti da tenere (dalle mascherine ai dispenser e al gel disinfettanti, fino alla distanza da tenere dagli altri) firmata dal ministro della Pubblica amministrazione Fabiana Dadone, che avvisa: "Tuteleremo salari e assenze obbligate". Nei caotici giorni del Coronavirus, dunque, saltano le normali modalità di lavoro, quando non salta la stessa possibilità di andarci, al lavoro. Si spiega così l’esigenza di trovare nuovi punti di riferimento per evitare guai o irregolarità che possano pesare sul destino dello stesso rapporto professionale. Partiamo dalle assenze.

Le ultime notizie del 25 febbraio sul Coronavirus

I consulenti del lavoro individuano cinque casi di assenza. Se l’assenza dal lavoro si verifica a causa dell’ordine della pubblica autorità che impedisce ai lavoratori di uscire di casa – spiegano i consulenti – o se l’assenza dipende dalla chiusura dell’azienda, si ha in entrambe le ipotesi la sopravvenuta impossibilità a recarsi al lavoro per cause indipendenti dalla volontà del lavoratore, che resterà a casa ma con la retribuzione pagata e in questi casi potrà intervenire la cassa integrazione.

Analogamente, se l’assenza deriva da quarantena obbligatoria o volontaria (perché si ritorna in Italia da zone a rischio), la situazione è assimilabile a quella della malattia o del provvedimento dell’autorità e, dunque, intervengono le regole di tutela relative: salvi posto e salario. Ma se, al contrario, l’assenza è determinata dal semplice "timore" di essere contagiati, senza che ricorra alcuno dei requisiti riconducibili alle altre situazioni, si rischia grosso: l’assenza è ingiustificata con conseguenti sanzioni disciplinari, fino al licenziamento.

Smart working

Certo è che l’emergenza Coronavirus ha fatto balzare in primo piano il cosiddetto smart working: nelle grandi aziende del Nord la modalità di lavoro da casa sta diventando sempre più diffusa, ma, secondo i provvedimenti del governo delle ultime ore, nelle zone rosse è applicabile anche senza un accordo preventivo tra impresa e lavoratore.