Lunedì 15 Aprile 2024

Coronavirus, l'epidemiologo Ioannidis: "Un secondo lockdown? Non è necessario"

"Una nuova ondata non sarebbe grave come quella di marzo, sappiamo come difenderci"

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L’epidemiologo John Ioannidis, 55 anni, oggi sarà a Bologna

"Perché la maggior parte dei risultati prodotti dalla ricerca sono falsi" è il titolo dell’articolo scientifico forse più letto nella storia medica. E non è un caso che il suo autore, il professor John Ioannidis – epidemiologo greco-americano dell’Università di Stanford in California –, abbia cercato di dimostrare, con uno studio che sarà presentato oggi a Bologna in apertura del Festival della Scienza medica (www.bolognamedicina.it), che "le persone entrate in contatto con il Coronavirus sono molte di più di quelle accertate". La tesi – contestata da altri colleghi – è che siamo di fronte a un’epidemia meno grave di quanto disegnato finora e che non esistano prove che "le misure di lockdown siano efficaci".

Il bollettino Covid del 2 ottobre

Professore, dopo il lockdown di primavera, potremmo tollerarne un secondo?

"Una seconda chiusura sarebbe devastante. Non solo per le finanze, l’economia, i lavori e i lavoratori, ma perché porterebbe una peggiore qualità di vita. Riproporla sarebbe una misura dannosa e aggressiva".

Il primo lockdown dunque era sbagliato?

"Non dico sia stato sbagliato. È stato una reazione immediata giustificata da una situazione terribile, con moltissimi morti e tanti dubbi. Ma non abbiamo prove che sia stato davvero efficace".

Si spieghi meglio.

"Non abbiamo due Italie grazie alle quali comparare i dati, non sappiamo cosa sarebbe accaduto senza la chiusura. Le scelte andrebbero fatte usando dati credibili, raccolti in maniera scientifica. La situazione è stata tragica per vari motivi: in primis perché non sapevamo quali trattamenti usare; inoltre le morti sono avvenute soprattutto in case di riposo e in ospedali dove alcuni reparti non erano adeguatamente protetti".

Quindi?

"Chiuderci in casa non ha migliorato queste situazioni. Il protrarsi del lockdown ha, semmai, aumentato le differenze, accresciuto la povertà e altri tipi di patologie come quelle mentali".

Pensa quindi che la seconda ondata non sarà così violenta?

"È molto difficile predire il futuro, l’epidemia si è comportata in maniera imprevedibile e incerta. Ma se dovessi sbilanciarmi, beh, direi che una seconda ondata non sarebbe grave come quella di marzo. Non abbiamo ancora la cosiddetta immunità di gregge, ma c’è la prova che molte persone abbiano avuto il virus, tanti asintomatici".

Il suo studio sulla contea di Santa Clara ruota su questo. E per questo l’hanno attaccata.

"Dalle indagini sierologiche su 3.300 persone abbiamo scoperto che molte più di quante si sapesse avevano contratto il virus, dunque l’indice di letalità (numero di morti sul totale dei malati, ndr) era ben più basso di quanto ipotizzato all’inizio della pandemia, scendendo da picchi dell’1,63% allo 0,23%. Aver conosciuto i numeri avrebbe potuto influire sulle scelte".

Come gestire allora un autunno senza lockdown, ma col virus?

"La pandemia esiste e non è uno scherzo, anche se forse è meno grave di quanto pensassimo. Dunque oltre a mascherine e igiene delle mani, evitiamo assembramenti sui mezzi pubblici e negli stadi. Non abbiamo dati su come si trasmette il virus nei grandi eventi pubblici all’aperto. Dobbiamo però fare di tutto per vivere normalmente, ma non ignorare i rischi".

La vaccinazione antinfluenzale stagionale potrebbe avere un ruolo positivo nella lotta alla seconda ondata?

"È importante ogni anno: figuriamoci nell’anno della pandemia! Dobbiamo fare di tutto per evitare un secondo lockdown: il 25% dei giovani, senza lavoro e chiusi in casa, hanno già sviluppato forme di depressione e ansia. Non lasciamo che sia questa la vera pandemia".

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