Coronavirus Italia, le differenze tra il record di oggi e i dati del 21 marzo

Analisi dei numeri: cosa è cambiato rispetto a 7 mesi fa

Un operatore sanitario con dispositivi di protezione anti Covid (Ansa)

Un operatore sanitario con dispositivi di protezione anti Covid (Ansa)

Roma, 14 ottobre 2020 - Il bollettino quotidiano sul Coronavirus in Italia ha emesso la sua sentenza: i nuovi casi di Covid registrati nelle ultime 24 ore sono 7.332, il dato più alto dall'inizio della pandemia. Un numero maggiore, e non di poco, del precedente primato fatto segnare lo scorso 21 marzo. Allora i contagi furono 6.557, con 793 nuove vittime (oggi 43). I ricoverati in regime ordinario erano 17.708, contro i 5.470 odierni, mentre quelli in terapia intensiva erano 2.857, oltre 5 volte quelli attuali (539). Nuovi casi a parte, le cifre sono significativamente inferiori rispetto a 7 mesi fa. Ma non per questo vanno sottovalutate o fraintese con le teorie di un virus 'mutato' e più debole. Ipotesi che al momento non trovano conferme né dal punto di vista della ricerca scientifica, né sul piano dell'osservazione empirica sul campo (e in corsia). 

A marzo il tracciamento era ancora 'acerbo':  i dati parlavano di un 24% dei nuovi pazienti positivi come severi (da ricovero) e oltre il 4% come critici (da terapia intensiva).  Ora abbiamo il 5% di casi severi e lo 0,5% di critici. Per non parlare degli asintomatici: ai tempi una sparuta minoranza, oggi l'esatto opposto. Cosa significa questo? Molto probabilmente agli albori della pandemia il sistema sanitario non era ancora in grado di individuare tutti quei soggetti positivi al Covid, ma privi di sintomi o 'paucisintomatici'. C'erano, e questa pare oggi una certezza, ma non venivano tracciati. Sono emersi solo con i test sierologici, grazie alla caparbietà del virologo Andrea Crisanti e al decisionismo del governatore veneto Zaia che a Vò Euganeo hanno studiato i movimenti del virus in un'intera popolazione. Le tracce hanno condotto a una massa di soggetti che, ignari, portavano a spasso il Covid. Chi stava male, o finiva in ospedale, era solo la punta dell'iceberg. 

L'articolo prosegue sotto il video

image
image

Le cifre di quei giorni a livello nazionale davano un tampone su quattro positivo, circa il 25%. Oggi, 14 ottobre, l'indice si attesta al 4,8%, ma in estate era sceso al 5 per mille. Trovare il Covid pareva come cercare l'ago in un pagliaio, solo un paio di mesi fa. L'indagine sierologica ha permesso di stimare che gli effettivi contagiati, in marzo, erano probabilmente dieci volte quelli che leggevamo negli aggiornamenti della Protezione Civile. Vuol dire, in soldoni, che i 7.332 e i 6.557 non sono rlievazioni confrontabili. Ora il Covid sta accelerando, lo dicono i numeri. Crescono nuovi casi, ricoveri, decessi e terapie intensive.

Oggi, a differenza di allora, non siamo in lockdown totale. Ma abbiamo l'obbligo di mascherina, così come i percorsi dedicati ai pazienti Covid negli ospedali (detonatori, ai tempi, del Coronavirus). La Rsa sono blindate ed è alta la guardia attorno agli anziani, l'anello debole nella lotta al virus.  I numeri dicono ancora che i contagi sono più distribuiti sul territorio, anche se la Lombardia con gli oltre 1.800 casi odierni è ancora la Regione al top per i contagi. Di progressi, in termini di cura, ne sono stati fatti, nonostante gli esperti non sempre concordino sulla loro entità. Il sistema sanitario al momento è in sicurezza, ma il trend è evidente e non ammette distrazioni. Le differenze tra oggi e il 21 marzo ci sono, e le abbiamo elencate. Le prossime settimane saranno decisive per capire quanto le nuove restrizioni e il comportamento degli italiani sapranno influire su quel bollettino che, ormai da un po' di tempo, è tornato a essere un appuntamento fisso della nostra giornata. 

Il bollettino del 21 marzo