Mercoledì 24 Aprile 2024

Coronavirus, la mortalità per infarto è triplicata per paura degli ospedali

E' un problema mondiale, il timore di essere contagiati spinge le persone a rimandare l'accesso all'ospedale. Il cardiologo Marenzi: "I pazienti arrivano in condizioni sempre più gravi"

Infarto (Ansa)

Infarto (Ansa)

Roma, 20 aprile 2020 - La mortalità per infarto acuto è quasi triplicata dall'inizio della pandemia di Coronavirus. Ma l'aumento di decessi per infarto non è direttamente imputabile al Covid-19, ma alla paura che il virus ha portato con sé, e che spinge le persone, anche se a rischio, ad evitare di recarsi al pronto soccorso. 

Lo confermano i dati di uno studio sull'esperienza clinica del Centro Cardiologico Monzino: dall'inizio dell'emergenza la mortalità per infarto acuto è quasi triplicata e sono diminuite del 40% le procedure salvavita di cardiologia interventistica perché la gente evita gli ospedali. Inoltre se questa tendenza dovesse persistere, la mortalità per infarto arriverebbe a superare di gran lunga quella direttamente associata all'epidemia. 

Gli autori dello studio sono Giancarlo Marenzi, responsabile della Unità di Terapia Intensiva Cardiologica, Antonio Bartorelli, responsabile della Cardiologia Interventistica, e Nicola Cosentino, dello staff dell'Unità di Terapia intensiva cardiologica. 

Bollettino della Protezione Civile del 20 aprile 

Marenzi lancia l'allarme: "Dall'inizio dell'epidemia Covid i pazienti arrivano in ospedale in condizioni sempre più gravi, spesso già con complicanze aritmiche o funzionali, che rendono molto meno efficaci le terapie che da molti anni hanno dimostrato di essere salvavita nell'infarto come l'angioplastica coronarica primaria. Il perchè risulta molto chiaro in tutti i Paesi maggiormente colpiti dalla pandemia: il virus, che non sembra avere un ruolo primario nell'infarto, spinge la gente a rimandare l'accesso all'ospedale per paura del contagio. Purtroppo però questo ritardo è deleterio, e spesso fatale, perchè impedisce trattamenti tempestivi e nell'infarto il fattore tempo è cruciale. Il Monzino, assieme ad altri ospedali e società scientifiche italiane e internazionali, dopo aver osservato il calo degli accessi al Pronto Soccorso, ha già lanciato, settimane fa un appello a non rimandare le cure. Ora i dati di mortalità legata a questo calo ci danno ragione, e ci sollecitano a ripetere con più forza: per evitare il virus non dobbiamo rischiare di morire di infarto".

Un recente studio, citato dagli autori, ha analizzato l'attività di 81 Terapie Intensive Cardiologiche in Spagna nella settimana dal 24 febbraio al primo marzo, confrontandola con quella dello stesso periodo dello scorso anno: l'attività si è ridotta significativamente a causa di un calo importante dei ricoveri per infarto, e la conseguente riduzione del 40 per cento delle procedure di angioplastica coronarica primaria. Stessi preoccupanti dati arrivano anche dagli Stati Uniti in un'inchiesta pubblicata da Angioplasty.org, comunità internazionale di cardiologi in rete. 

Per Bartorelli "la paura di recarsi in ospedale è un problema mondiale che permane anche se i centri altamente specializzati o monospecialistici, come il Monzino, si sono da subito organizzati per proteggere i pazienti dall'infezione Covid. Noi, ad esempio, in quanto hub cardiologico (vale a dire ospedale di riferimento per pazienti non Covid) abbiamo creato percorsi e aree separate Covid-free e siamo riusciti a contenere al minimo il contagio fra pazienti, mantenendo il massimo standard di cura. Probabilmente i pazienti non sono pienamente consapevoli di quanto è stato fatto per proteggerli e continuano ad essere intimoriti dalla pressione esercitata dal virus sul sistema ospedaliero nel suo insieme. Invece dovrebbe diffondersi la consapevolezza che i centri cardiologici d'eccellenza sono riusciti a mantenere gli standard delle cure salvavita per l'infarto, nonostante il Covid, ed è fondamentale che anche la gente mantenga comportamenti corretti, ma continui a fare attenzione ai sintomi cardiaci e ad accedere senza esitazione e paura all'ospedale, per farsi curare in tempo".

 

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