Martedì 16 Aprile 2024

Famiglie e imprese, i nuovi poveri. Il grido d’aiuto: lavoriamo in perdita

Il lockdown e la crisi colpiscono autonomi, professionisti e dipendenti. Turismo e Made in Italy in ginocchio. Sette attività commerciali su dieci hanno riaperto, ma solo il 29% degli italiani è tornato a fare acquisti

Un negozio di abbigliamento

Un negozio di abbigliamento

Roma, 24 maggio 2020 - L’emergenza Coronavirus sta lasciando ferite economiche e sociali senza precedenti in settori chiave dell’economia italiana (e del resto del mondo): a picco i fatturati di turismo, trasporti, moda, commercio, ristorazione, pubblici esercizi, artigianato, libere professioni. E, di conseguenza, in caduta libera i redditi di imprenditori e lavoratori autonomi dei comparti in crisi, ma anche gli stipendi di milioni di lavoratori dipendenti degli stessi settori che possono contare, al momento, sulla cassa integrazione ma con la prospettiva di poter perdere il lavoro.

Il bollettino della Protezione Civile del 24 maggio   Nel primo bilancio dei nuovi poveri da Coronavirus, Altroconsumo segnala che la pandemia, fino a metà maggio, ha comportato una perdita totale pari a 33,4 miliardi, 1.300 euro in media a famiglia. Quasi metà delle famiglie italiane (46%) ha accusato ingenti perdite legate alla propria professione (chiusure di attività o cassa integrazione): in media 1.875 euro di minori entrate. La fine della quarantena, da sola, non dà fiducia: un lavoratore su tre teme di perdere il posto nei prossimi 12 mesi. E due famiglie su tre hanno attinto ai risparmi (il 35%) o pensano di doverlo fare in futuro (il 32%) per fronteggiare spese correnti. Mentre una su due ha fatto domanda per un sussidio tra quelli previsti dal governo (bonus, prestiti, aiuti di emergenza). 

Lavoro autonomo e professionale (con oltre 4 milioni di richieste di indennizzi) e lavoro dipendente privato (con oltre 7,2 milioni di dipendenti in cassa integrazione) sono le due platee più colpite dallo tsunami. A livello settoriale, in primo piano ci sono il turismo e il made in Italy: secondo i dati di Confturismo, nel migliore dei casi si parla di circa 120 miliardi in meno per il 2020. Si deve mettere in conto una perdita secca di 65 miliardi di spesa turistica nell’estate 2020: 31 milioni di visitatori in meno, con 108 milioni di pernottamenti in meno. 

La fase 2, d’altro canto, è cominciata al rallentatore. Secondo un sondaggio Swg per Confesercenti il 72% delle imprese è ripartito, ma a oggi solo il 29% degli italiani è tornato a fare acquisti di prodotti o servizi. Al punto che il 68% di chi ha riaperto ammette di aver lavorato finora in perdita, con la metà (37%) che segnala vendite più che dimezzate rispetto alla normalità: più in difficoltà ristoranti, trattorie e pizzerie, bar. Su tutti, pesa l’aumento delle spese: in media, sanificazione e dispositivi di protezione sono costati 615 euro a impresa.

Non va meglio per gli artigiani. Secondo la Cgia di Mestre, in tre mesi in Italia sono state perse quasi 11mila aziende artigiane e senza aiuti potrebbero diventare 100 mila a fine 2020. Il peggio, per gli esperti dell’Ufficio studi, dovrebbe arrivare nei prossimi mesi, quando l’effetto economico negativo del Coronavirus si farà sentire con maggiore intensità: "Non tutti ce la faranno a sopravvivere, con una perdita di almeno 300 mila posti di lavoro a fine anno".