Coronavirus, nelle case di riposo una strage silenziosa

Cinquecento morti solo nella provincia di Bergamo in un mese. Contagiati gli operatori e strutture in difficoltà. Polemiche per l’idea di usare le strutture per i malati di Covid

Una casa di riposo, foto generica (DiMarco)

Una casa di riposo, foto generica (DiMarco)

Bergamo, 26 marzo 2020 - "Cinquecento morti in meno di un mese": è l’ultimo dato choc che arriva dalle case di riposo, siamo in provincia di Bergamo. Una contabiltà tragica quella di Melania Cappuccio, direttore sanitario della Fondazione Cardinal Gusmini di Vertova. I sindacati ormai per tutta Italia parlano di una strage silenziosa. Le residenze sanitarie assistenziali per anziani – le vittime più fragili dell’epidemia – si sono trasformate in lazzaretti. Sono settemila per 300mila posti letto, "un terzo concentrati in Lombardia", ricorda Graziano Onder dell’Iss, il geriatra che ha appena spedito quasi 2mila questionari ad altrettante case di riposo per sapere quanti siano i morti, i contagiati, i problemi. Domani è atteso il primo report. Ma le statistiche sono incerte. Nessuno conosce davvero il numero delle vittime o i positivi, anche perché non si fanno i tamponi

L’incalzare delle notizie in cronaca ha un ritmo tragico. In Veneto 30 morti e 336 anziani contagiati. Cinquantadue decessi in una casa di riposo nel Milanese a Mediglia, dove si è costituito un comitato di familiari che vuole capire. Ieri cinque morti su 17 ricoverati a Bellusco, in Brianza. Andando all’altro capo dell’Italia: a Villafrati, in provincia di Palermo, in una struttura i contagiati sono 69, tra anziani e personale. ll sindacato dell’isola avverte: in Sicilia si rischia la strage. A Bari, nel centro don Guanella, si contano un morto e dieci malati, mentre gran parte dei cinquanta dipendenti è in quarantena. Situazione drammatica in Lazio.

"Io ho avuto 15 decessi su 200 ospiti, 7 direi che sono stati per Covid ma nessuno ha potuto fare i tamponi – spiega la dottoressa Cappuccio –. I numeri sono stati contenuti perché ho chiuso tutto e ho speso una cifra nelle protezioni. Siamo tre medici dipendenti, due sono malati".

Si discute l’ipotesi di usare le case di riposo per ospitare chi viene dimesso dall’ospedale e non è del tutto guarito. Sì, proprio i posti lasciati liberi da questa strage silenziosa e quotidiana. La Fimmg alza le barricate. "Gli ospiti delle RSA sono i pazienti più fragili, idea criminale", attacca Paola Pedrini, segretaria generale in Lombardia. Anche la direttrice sanitaria della fondazione Gusmini è perplessa: "Ha senso solo se in una casa di riposo si sono liberati così tanti posti da poter creare un’area dedicata. Ma allora devi avere delle équipe solo per quello. E questi pazienti non si devono contaminare con gli altri. Non so se tutte le Rsa possano farlo. Vero che la situazione è così drammatica che dobbiamo mettere le mani nel fango. Qui in Val Seriana la gente continua a morire. Ma non gli 80enni o i 90enni, quelli sono stati i primi. Ora abbiamo 60enni e 70enni. Il coronavirus ci sta falciando. Siamo con le ginocchia per terra. Bisognerà trovare una strategia per dare una mano agli ospedali. Anche se quella delle Rsa non mi pare un’idea brillante. Io nella mia mi sono rifiutata. Ho messo a disposizione 20 èposti letto in una palazzina separata dove attualmente ho il reparto di cure intermedie. Ho previsto un'équipe interamente dedicata ai malati Covid dimessi dagli ospedali. E come me, altre Rsa della provincia e soprattutto della Valle Seriana".