"Io, psicologa dell'emergenza a Corinaldo: porto la forza dove c'è dolore"

Maria Cristina Alessandrelli: "Nella discoteca tra i ragazzi morti, devastante"

Maria Cristina Alessandrelli, psicologa dell'emergenza

Maria Cristina Alessandrelli, psicologa dell'emergenza

Ancona, 21 gennaio 2019 - La notte di Corinaldo. "Sono stata svegliata da una telefonata. Appena arriva la chiamata, chi è pronto prima, parte. Sono passata dal letto al trovarmi tra i corpi dei ragazzini morti. Avevano 14, 15 anni. Con i genitori accovacciati su di loro, disperati. Devastante". Maria Cristina Alessandrelli, 66 anni, marchigiana, è presidente e socio fondatore dell’Ape, associazione psicologia dell’emergenza, sono volontari di pubblica assistenza nella rete Anpas Marche.

"Io, a guidare la macchina della Protezione civile nella notte di Corinaldo"

Lei è dirigente psicologa all’ospedale pediatrico Salesi di Ancona. Qui parla come volontaria. Torniamo al disastro di Corinaldo, la strage in discoteca, una mamma e 5 giovanissimi le vittime. In una situazione del genere, da dove si comincia? "Ci devi essere. Non è che ti metti a fare psicoterapia. Una coperta sulle spalle, un bicchier d’acqua, uno sguardo... Non bisogna lasciare le persone sole. Il dolore è così forte che la mente non riesce a contenerlo. Ti sembra d’impazzire, pensi che non sia vero niente". Arriva il momento in cui un soccorritore non ce la fa più? "Per me è il contrario, mi sono accorta che dopo ogni esperienza si diventa più forti". L’inizio. "L’associazione è nata nel 2008, la prima esperienza impegnativa è stata all’Aquila dopo il terremoto. Un collega che oggi purtroppo non c’è più ci aveva raccontato di aver sostenuto i genitori davanti alla casa dello studente (otto ragazzi morti, ndr). Mi ricordo che pensai, non ce la farei mai". Quando torna a casa? "Sento un rispetto solenne verso il mistero, la morte, la vita. Ti senti piccolo piccolo. E hai un senso di impotenza, sei una briciola davanti agli accadimenti. In qualche modo, impari ad accogliere tutto". Come si comunica ai bambini la morte della persona più cara? "Con un linguaggio molto concreto, molto semplice. Senza tanti giri di parole, metafore, menzogne. Perché era buona, Gesù l’ha portata via... No, altrimenti loro si costruiscono fantasie e distorsioni della realtà". Così sarebbe anche peggio. "Sicuramente. In quei momenti bisogna dare molta attenzione. Se non sappiamo rispondere dobbiamo ammettere, non lo so. Invece a volte l’adulto si spaventa, non sa cosa dire. Per trattare con i bambini serve esperienza. Qui non puoi improvvisare". Il terremoto. "Abbiamo lavorato nelle tendopoli dell’Aquila, dell’Emilia nel 2012, delle Marche nel 2016. Sono stata nelle scuole di Pieve Torina, tende con i box, ogni box una classe. Ho raccolto emozioni, disegni, racconti e abbiamo pubblicato un libro, ‘Ci vorrebbe tanta colla’". Stipendio? Ride: "Ma se uno è volontario, come fa a prendere lo stipendio? No, nemmeno un rimborso spese. Vale per noi e per le altre associazioni che fanno psicologia dell’emergenza: Croce Rossa, Sipem, Ares. È giusto così".