Mercoledì 24 Aprile 2024

Copyright, oggi l'Europa al voto. "Basta regalare ai giganti del web"

La riforma al Parlamento Ue: cosa prevede. "In gioco l'industria culturale" "Pressioni sui deputati per pilotare la votazione". Tajani: l'ombra delle lobby

Il Parlamento europeo a Strasburgo (LaPresse)

Il Parlamento europeo a Strasburgo (LaPresse)

Roma, 12 settembre 2018 - Potrebbe passare per un provvedimento tecnico, ma in realtà non lo è. C’è molto di più, probabilmente un pezzo delle libertà di tutti noi. Quando stamani il Parlamento europeo di Strasburgo voterà la proposta di direttiva europea sulla tutela del diritto d’autore si giocherà infatti la possibilità per tanti autori, giovani e vecchi, famosi o principianti, di lavorare e veder riconosciuto il proprio lavoro. Autori di musica, film, fotografi, scrittori, giornalisti ed editori che vedono il proprio lavoro scippato dai giganti del web che mettono in Rete quanto da loro prodotto, senza riconoscere alcun compenso. Ma si giocherà anche per tutti i cittadini la garanzia di trovare in Rete solo notizie di cui qualcuno sia responsabile, verificate professionalmente, vedendo quindi dtrasticamente ridotta la possibilità di fake news.

"Pressioni sui deputati per pilotare la votazione". Tajani: l'ombra delle lobby

L'EDITORIALE / Copyright e libertà

La proposta di direttiva in votazione oggi (che se approvata poi andrà a una successiva negoziazione con Commissione e Consiglio europeo) disciplina l’uso che i vari Google, Facebook e gli altri Big Data fanno dei contenuti non da loro prodotti ma con cui loro si arricchiscono (nel 2017 Facebook ha guadagnato 17 miliardi di dollari, Google 12,6). Uno degli articoli più contesi, l’11, prevede una sorta di «tassa sul link» alla notizia, in base alla quale gli editori possono chiedere alle piattaforme on line il pagamento di diritti.

L’altro articolo al centro dell’attenzione, il 13, rende le piattaforme responsabili per violazioni del diritto d’autore e le invita ad adottare filtri per il caricamento di contenuti coperti dal copyright. Nelle ultime settimane il relatore del provvedimento, il popolare tedesco Axel Voss, ha lavorato a una mediazione, per «migliorare» i testi e renderli più votabili al fronte contrario. Ha escluso dal copyright chi rilancia link senza scopo di lucro o per scopi scientifici (Wikipedia è quindi esclusa) e in ogni caso ha cercato di sfuggire dall’accusa di voler «limitare la libertà della Rete».

Il compromesso pare però non essere stato raggiunto, quindi si prevede una conta all’ultimo voto. Nel primo tempo della partita, il voto a luglio, finì 318 a 278 in favore del selvaggio Far West attuale. Con i popolari, i socialisti e i liberali a favore di una tutela e gli altri contro, anche se tutti i gruppi sono molto divisi al loro interno per la presenza di divisioni «geografiche» oltre che politiche (i deputati del Nord Europa sono per esempio in genere più propensi al Far West a nessuna tutela del diritto d’autore).

Tra gli italiani in prima fila tra coloro che non vogliono il riconoscimento dei diritti ai giovani autori e che quindi finiranno per fare un piacere ai Big Tech sono i Cinquestelle, che si dovrebbero portare a ruota i leghisti. Dando vita a un paradosso: Di Maio che tutti giorni – anche ieri – tuona contro gli editori «espressioni delle élite e dei poteri forti» schiera i suoi al servizio di quella che ormai è l’élite più impenetrabile al mondo, i giganti del web. In ogni caso il voto di oggi, come ha riconosciuto la Commissione europea, è uno spartiacque perché il prossimo parlamento da eleggere nel maggio del 2019 sarà probabilmente ancora più propenso di quello attuale a portare acqua nel mulino dei Big Data. A parole populisti, nei fatti monopolisti.