Giovedì 18 Aprile 2024

Coppia fatta a pezzi, il killer è una donna "È stata l’ex fidanzata del figlio a ucciderli"

La svolta, l’arresto a Firenze. A incastrarla le testimonianze dei vicini: trafficava con delle buste da cui gocciolava sangue

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di Stefano Brogioni

Un piano diabolico, dietro al mistero dei coniugi fatti a pezzi e messi nelle valigie, ritrovate due settimane fa nel campo di Sollicciano, alla periferia di . Lo avrebbe ordito Elona Kalesha, all’epoca fidanzata di Taulant, il figlio spacciatore di Shpetim e Teuta Pasho, i genitori che con il loro tesoro di denaro in contante aspettavano l’uscita del figlio dal carcere. Ma a quel 2 novembre del 2015, non ci sono arrivati vivi. Per via di un disegno che prevedeva la loro eliminazione. Per i soldi. La donna, 36 anni, adesso è in stato di fermo per l’omicidio e il vilipendio dei due cadaveri, tagliati con una sega. Potrebbe aver agito da sola, o qualcuno le ha dato una mano, forse a disfarsi delle quattro valigie in cui erano stati cacciati i corpi smembrati. Ieri, assistita dall’avvocato Federico Febbo, Elona Kalesha ha preferito tacere nell’interrogatorio davanti al pm Ornella Galeotti.

Lo farà probabilmente anche davanti al giudice, nell’udienza di convalida del provvedimento, già oggi o forse domani. Nel frattempo, cominceranno gli accertamenti dei Ris nei locali in cui, secondo gli inquirenti, è avvenuta la mattanza: l’appartamento di via Fontana, che la fidanzata aveva preso in affitto per la coppia e che ha fatto di tutto per non far sapere l’indirizzo anche alle figlie dei coniugi scomparsi. Il quadro si è fatto improvvisamente più chiaro quando i carabinieri hanno capito dove i Pasho hanno passato la loro ultima notte, probabilmente quella della sera del primo novembre: in un appartamentino del quartiere Novoli, dove i residenti si erano insospettiti – cinque anni fa – per una donna sulla trentina che spostava valigie che grondavano sangue e trasportava sacchetti puzzolenti.

"Vidi una donna uscire da quell’appartamento con delle buste di carta dalle quali usciva una sostanza che sgocciolava sul pavimento – ha raccontato una residente del palazzo ai carabinieri –. Io le dissi ’o icché c’è un morto?’ Perché ero disturbata da questo fetore. Lei continuando a sistemare queste buste rientrò dentro l’appartamento e riuscì trascinando un trolley e mi disse ’signora si è rotta una damigiana di vino’. Altro che vino, questo è odore di ciccia andata a male". Anche la testimonianza, del 2016, della padrona di quell’alloggio era stata incredibilmente dimenticata: riferì che la donna che aveva affittato l’appartamento, aveva lasciato una valigia e non si era più fatta vedere, rinunciando anche alla caparra di 100 euro a cui aveva diritto. Parlava di Elona. I carabinieri hanno sequestrato anche il garage dell’abitazione di via del Pantano, dove la Kalesha – e per qualche mese anche Taulant, il figlio della coppia uccisa – ha vissuto fino al maggio del 2018. Potrebbe aver ospitato le valigie con dentro i corpi, qualora la donna non fosse riuscita subito a disfarsene. Dalla "scienza", a questo punto, possono arrivare indicazioni preziose per il prosieguo delle indagini e conferme su quanto svolto sinora.

Ad esempio su quanto tempo quei trolley siano rimasti nel campo prima del ritrovamento dello scorso 10 dicembre, ma anche se sui "pacchetti" di cellophane e domopak (che avrebbero permesso una ’buona’ conservazione dei resti) ci siano tracce, di Elona o altri. Ma la prima tessera del mosaico sembra andata al suo posto. "Siamo sconvolte", è l’unico commento di Dorina e Vittoria, le sorelle di Taulant che in questi giorni erano state sentite e risentite dai carabinieri. Le denunce di Vittoria erano in effetti contradditorie, proprio sul luogo dell’ultima notte dei genitori, che la mattina dell’1 avevano lasciato Castelfiorentino. Ma i carabinieri del tenente colonnello Carmine Rosciano hanno una spiegazione anche per quello: la ragazza era sotto il ricatto di Elona per via di una relazione all’epoca clandestina. Elona, sempre Elona. Solo Elona?