Controlli, app e privacy: la guida al D-day

Venerdì scatta l’obbligo del documento: verifiche giornaliere, anche a campione. Ma il datore di lavoro non potrà trattenere i dati

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Meno di 48 ore al Green Pass Day. Da venerdì i lavoratori senza il certificato verde non potranno più svolgere la loro attività, a meno che non ricorrano al tampone. Ma, fissato il divieto con tutte le conseguenze per i trasgressori (sospensione dallo stipendio, con perdita di altri elementi retributivi e contributivi), il nodo-chiave della vigilia riguarda i controlli sia per il pubblico sia per il privato. E su questo è stato definito uno specifico Dpcm, oltre quello che riguarda il lavoro nelle Pubbliche amministrazioni.

Le verifiche dovranno essere fatte ogni giorno, all’accesso in ufficio o anche successivamente, a tappeto o a campione in una misura non inferiore al 20% del personale in servizio e assicurando una rotazione costante. Per evitare ritardi e code all’ingresso, i datori di lavoro potranno stabilire una maggiore flessibilità negli orari di ingresso e d’uscita. Per le verifiche, potrà essere utilizzata la App "VerificaC19" o la piattaforma prevista nell’altro Dpcm, sul modello di quanto già avviene per la scuola. Si tratta di una piattaforma che consente una "verifica quotidiana e automatizzata", rivelando solo il "possesso" del pass e che interagisce con un software del ministero della Salute che può essere integrato ai tornelli di accesso.

Ma il Dpcm che modifica il decreto sull’obbligo del pass chiarisce anche altri due aspetti non secondari: per il datore di lavoro, pubblico e privato, c’è "l’esplicito divieto" di conservare i QR code delle certificazioni né è possibile "in alcun caso" raccogliere i dati dei dipendenti "salvo quelli strettamente necessari" alle sanzioni. Sarà possibile richiedere il pass in anticipo al dipendente in caso di programmazione turni, ma questo anticipo dovrà essere " necessario e non superiore alle 48 ore".

Claudia Marin