Martedì 23 Aprile 2024

Contro il virus dell’inglese usate l’italiano

Ermelinda

M. Campani

La pandemia non ha risparmiato nemmeno la lingua italiana. Come a dire che anche l’italiano è risultato positivo al virus. D’altra parte, il suo organismo era già fortemente debilitato dai colpi che gli sono quotidianamente inferti da più parti. Tra le pratiche più odiose all’orecchio e più offensive dello stile è l’uso dell’indicativo al posto del congiuntivo, un modo verbale, quest’ultimo, che invece serve a dare colore alla vita perché introduce la congettura, suggerisce il dubbio, invita la sottigliezza. Analoga gogna è da riservare a quelle locuzioni mal tradotte dall’inglese e peggio utilizzate nell’italiano. Prime fra tutte l’insopportabile ’assolutamente sì’. Con il Covid, la situazione del malato è ulteriormente peggiorata perché la pratica esterofila e tutta italiana (in Francia non succederebbe mai) di infarcire una frase con locuzioni in inglese ha avuto un’accellerata: lockdown, social distancing, smart-working e Recovery Fund, sono inopinatamente sulla bocca di tutti. Lockdown è da prigione, dire invece chiusura o confinamento conferisce tutt’altro tono alla questione. Lo stesso vale per social distancing, una locuzione che incupisce e che dà l’idea della disgregazione.

A scuola guida quando ci insegnano a tenerci a una certa distanza dall’auto che ci precede non suggeriscono un distanziamento sociale tra una Fiat e una Lamborghini, ma invitano a tenere la distanza di sicurezza, la stessa che, insieme alla mascherina, serve a noi per scongiurare il contagio. Smart-working di intelligente ha proprio poco e Recovery Fund lo citano tutti ma nessuno lo pronuncia come si deve. La pronuncia che va per la maggiore suona come “ripresa trovata”, all’orecchio dell’anglofono che dovesse ascoltarci. Perché non dire “fondo per la ripresa?” Sembreranno questioni da poco e da maestrina. Invece, si tratta di chiamare le cose col loro nome, non per manie di correttezza politica, una pratica che si è tirata dietro non poche aberrazioni, ma perché le parole che ci servono sono già tutte nel nostro italiano.

* Stanford University