Martedì 23 Aprile 2024

Conte tenta la mediazione tra grillini e la famiglia di Treviso

Il M5S dovrebbe accettare la presenza di Aspi, incassando il cambio nell’assetto proprietario

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di Antonella Coppari

Fermare le lancette non sarà più possibile. Di nuovi rinvii sull’eterno fronte di Autostrade non se ne può parlare. Con la spada di Damocle della gestione del ponte di Genova ad Aspi il governo è costretto a chiudere. Conte lo sa ed è deciso a portare la vicenda in consiglio dei ministri la prossima settimana, anche in assenza di un’intesa, per costringere i cinquestelle a un gesto di responsabilità. Già: responsabilità perché qualche boccone amaro i pentastellati dovranno ingoiarlo.

Hanno voglia Alessandro Di Battista a dire che la revoca "non è una vendetta ma un dovere di Stato" e Di Maio a invocare "decisioni nette": vincere la resistenza di Pd, Iv e dello stesso premier con uno stop delle concessioni sembra al momento fuori discussione. Sarebbe troppo esoso: 7 miliardi se va bene, 20 se va male. La sola via d’uscita è quella che Conte cerca di battere da settimane: una compartecipazione dello Stato con Aspi in posizione di minoranza. I Benetton non ci stanno, chiedono almeno il 51% ma la carta che il premier intende calare è mettere l’una contro l’altra le opposte rigidità per costringere entrambi a cedere: i Benetton subendo la minoranza, i grillini la presenza di Aspi. Difficile dire se ce la farà, anche se ad agevolare il tentativo di mediazione è il fatto che nessuno vuole una crisi, men che mai con la trattativa sul Recovery Fund aperta.

Su quel fronte Conte gioca una partita diametralmente opposta. Non si tratta di chiudere presto ma di rinviare: vuole evitare adesso non solo una decisione finale ma anche un pronunciamento del Parlamento. Sa bene che arrivare a Bruxelles con un voto contrario delle Camere alle spalle per chiedere il prestito indebolirebbe in maniera forse esiziale le sue posizioni in una trattativa che si prospetta già molto difficile, come evidenzia l’elezione dell’irlandese Paschal Donohoe alla presidenza dell’Eurogruppo, sostenuto dai rigoristi del Nord invece della spagnola Nadia Calvino.

Ecco perché ha fatto slittare lo show down a settembre: malgrado l’affondo di Zingaretti di una settimana fa, pure il Pd si è reso conto che allontanare l’ora della verità conviene. Per evitare incidenti, ovvero che qualcuno chieda la conta su un documento a favore del Mes mercoledì, quando il premier si presenterà in aula in vista del consiglio europeo, i giallorossi stanno ragionando su una risoluzione che alluda in qualche modo all’opportunità di decidere solo quando sarà squadernato sul tavolo il quadro il completo, cioè quando si saprà a quanto ammontano i capitali del Recovery, quando e come arriveranno.

Oltre ad ottenere una maggioranza schiacciante, una simile risoluzione renderebbe insignificante un eventuale voto su una mozione pro-Mes. In realtà, a Palazzo Chigi il capitolo Fondo salva Stati desta meno preoccupazioni di quello Autostrade, ma per quanto complicato sia sciogliere questi due nodi, l’arena in cui Conte sa che dovrà giocarsi tutto non è il Parlamento italiano ma Bruxelles.