Giovedì 18 Aprile 2024

Conte rompe sulle spese militari L’ira di Draghi, il governo rischia

Il leader M5s: "Non voteremo l’aumento dei fondi". Ma Di Maio si smarca. Il Pd prova a mettere insieme i cocci

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di Antonella Coppari

Venti di guerra. Non quelli che flagellano l’Ucraina, ma quelli che, all’improvviso e a causa di quella tempesta, hanno preso a spirare in maggioranza. Insidiosi, tanto da evocare esplicitamente una possibile crisi di governo. Forse un’esagerazione, di certo tra Draghi e Conte la tensione è molto alta. Ma anche tra Conte e Letta non sono rose e fiori, al punto da rendere pericolante l’alleanza. E pure tra Conte e Di Maio, gli acerrimi amici nel Movimento. Pietra dello scandalo la dichiarazione del leader M5s: "Voteremo contro l’innalzamento delle spese militari". Il premier, che descrivono furibondo, non arretra di un millimetro: "Confermo l’impegno preso con la Nato sull’aumento degli stanziamenti per difesa, fino ad arrivare al 2% del Pil". Le voci da Palazzo Chigi indicano che qualche preoccupazione c’è. Al Nazareno campeggia l’irritazione per un’uscita "demagogica" alla vigilia dell’assemblea che deciderà sulla leadership del Movimento: "Quando Conte guidava il governo aumentò gli stanziamenti per la difesa di oltre 3 miliardi. Vuole elezioni anticipate, ma non si minaccia una crisi durante una guerra". Parte di M5s condivide le critiche, e Di Maio si fa sentire con una dichiarazione su Facebook i cui toni dicono tutto: "In una fase così delicata è necessario rafforzare l’alleanza Nato".

A ingigantire la grana, il fatto che su una linea simile a quella dell’ex premier ci sono anche i leghisti, e il medesimo disagio è condiviso da Leu. Ma se il dissenso è chiaro, non altrettanto può dirsi di quando e come potrebbe esplicitarsi sino a minare l’esistenza del governo. Per ora tutto si gioca sullo strumento meno incisivo previsto dai regolamenti parlamentari: gli ordini del giorno, ovvero poco più di un parere. Nove giorni fa, M5s, Pd, Lega, Leu, FI, Iv e Fd’I hanno votato alla Camera un odg che impegna Palazzo Chigi ad elevare le spese per la difesa.

Impossibile ripresentarlo al Senato che da lunedì esaminerà il decreto Ucraina. Dopo una mattinata travagliata, i 5 Stelle hanno abbandonato l’idea di farne uno di tenore contrario: a incunearsi nella divisioni provvede il partito della Meloni con un odg in cui chiede il rispetto dell’impegno preso a Montecitorio. Per parare il colpo la maggioranza sta ragionando su un testo tanto generico da soddisfare tutti, puntato su un fondo per minori non accompagnati.

Sin qui siamo alla sceneggiata, ma la settimana prossima deve essere presentato il Def che probabilmente indicherà un ulteriore stanziamento per le spese militari. Un voto in dissenso di un pezzo di maggioranza su un tema sensibile quanto i rapporti dell’Italia con la Nato non potrebbe restare senza conseguenze. In sede di consiglio dei ministri, il problema dovrebbe essere limitato: Di Maio e D’Incà incarnano una visione opposta a quella di Conte. Qualche dubbio in più c’è per Patuanelli. Stesso discorso per i ministri leghisti. Ma il quadro in Parlamento potrebbe essere diverso: dietro il casus belli c’è una divaricazione più profonda che riguarda la decisione del governo di schierarsi sulla linea della Nato. A complicare le cose l’affaire Russia Covid. Ieri Conte è stato sentito dal Copasir per un’ora: l’ex premier ha sottolineato che la missione "si sviluppò esclusivamente sul piano degli aiuti sanitari e gli apparati dello Stato (dalla difesa all’intelligence) vigilarono perché così fosse". Malgrado i tentativi dei pentastellati, l’incidente non pare destinato a chiudersi facilmente; Renzi annuncia un’interrogazione: in un quadro teso, non è una spinta nella direzione della pacificazione della maggioranza.