Venerdì 19 Aprile 2024

Conte o Calenda? Il cubo di Rubik del segretario

Piefrancesco

De Robertis

Il voto di domenica restringe il campo che pazientemente Enrico Letta ha cercato di costruire e obbliga il segretario a una rigorosa riflessione sul percorso che lo porterà fino al 2023. Il problema di Letta si chiama Conte da una parte e Calenda dall’altra. Con il primo i dem hanno messo insieme un’alleanza, il famoso "campo largo" appunto; con il secondo sono da tempo in corso contatti. Il dilemma è però che l’alleato ha perso ed è in caduta libera, mentre l’altro è andato bene, e pare in ascesa. Ma Calenda non vuol saperne di finire in un’alleanza in cui siano presenti anche i Cinquestelle, anzi, ritiene (giustamente) che parte fondativa del suo successo sia il porsi come antitesi al populismo grillino. Come la giri, la giri, per Letta è un cubo di Rubik.

Il segretario dovrà cercare di sbrogliare al più presto la matassa, ma commetterebbe un errore fatale se affrontasse il tema solo con l’aritmetica e non con la politica: mi portano più voti i grillini o i centristi del centrosinistra? Il punto non è sommare un 5-6-7 per cento al dato del Pd, e con quello ambire a sfidare il centrodestra nei collegi uninominali. Come in fondo è accaduto fino a ora, quando il Pd conscio di aver perso per strada il contatto con un certo mondo del disagio, dei giovani, dei non garantiti, di quello che una volta si sarebbe chiamato il movimentismo della base, ha pensato di riappropriarsene attraverso un’intesa con il junior partner grillino. Il punto è riscoprire la politica, ridando fiato a una autentica dimensione riformista sui temi principali dell’agenda pubblica, e su quelli attrarre consensi e non quadri di partito. La vocazione maggioritaria, sempre lì si torna. Il Pd appare troppo spesso un partito con più valori che idee, o per lo meno idee in grado di suscitare passioni, di guardare al nuovo, di mobilitare chi è ai margini della contesa politica. Nel 2008 Veltroni prese 12 milioni di voti, nel 2018 Renzi li dimezzò a 6. Mirare a riprendere anche solo una parte di quel popolo vale più di una alleanza con Conte o Calenda.