Mercoledì 24 Aprile 2024

Conte il pacifista piccona Draghi Ma 80 grillini stanno con Di Maio

Il ministro degli Esteri costretto a mediare. M5s spaccati, l’ex premier alza il tiro sugli aiuti militari a Kiev

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di Ettore Maria Colombo

"Draghi avrebbe dovuto riferire in Parlamento prima del viaggio in Usa, non dopo". E uno. "Il futuro del governo? Non firmiamo cambiali in bianco". E due. "Sono deluso dal premier". E tre. L’attacco del leader del M5s, Giuseppe Conte, al premier è durissimo. Dove porterà non è ancora chiaro, ma le premesse per mettere i Palazzi della Politica in una situazione da pre-crisi di governo ci sono tutte. Anche perché se il discorso pacifista sulle armi ("una follia la corsa al riarmo") è già uno bello sgambetto a Draghi, c’è anche l’annuncio-minaccia sul superbonus, il termovalorizzatore a Roma e, in generale, sulla transizione ecologica ("è nel nostro Dna – scandisce Conte – non possiamo venir meno ai nostri valori", resteremo "al governo solo a queste condizioni").

Tutti aut aut precisi, pesanti, tutti lanciati contro Draghi. Conte indica una conditio sine qua non: o si fa come diciamo noi (io e Grillo, è il sottotesto, perché su entrambi i temi – pacifismo e transizione ecologica – i due sono in sintonia) oppure, semplicemente, il governo non c’è più. Il capo politico verbalizza la sua intemerata in una diretta Instagram di un sabato pomeriggio. Conte è in “total black“, il backstage è disadorno. Arrabbiato è arrabbiato per le critiche di Draghi al superbonus, per quel far filtrare, da parte del premier, che, sull’invio delle armi, la voce del M5s è isolata. Per quel darla vinta a Salvini, e mai a lui. Sono tante le cose che Conte non riesce a mandar giù. Il focus delle critiche si accentra sul mancato passaggio in Aula del premier, così come da richiesta dei 5Stelle, sulle armi a Kiev: "Io mi sono meravigliato che non ci sia stata la possibilità del premier di passare in Parlamento prima di viaggi importanti come Washington". Conte si dice "sorpreso" che anche gli altri partiti non glielo abbiano chiesto, a Draghi, di venire in Aula, ma assicura che "anche se isolati in Parlamento, non lo siamo nel mondo reale". Il M5s vaneggia di un’autorizzazione al Parlamento che non è stata chiesta (e invece c’è, vale fino al 31 dicembre e ne basta una sola per i vari decreti), ma Conte ne fa una questione di posizionamento dell’Italia dentro la Nato: chiede una "postura diversa, non a rimorchio, autonoma".

Non un buon viatico per il viaggio di Draghi negli Usa. Il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, di cui Draghi si fida ciecamente, fa smentire "tensioni e divisioni" tra lui e Conte, ma fa anche riaffermare, ai suoi, che "il governo punta a un’escalation diplomatica, non militare". Di Maio cammina sulle uova, tra Draghi e Conte, ma avrebbe almeno 80 parlamentari dalla sua, ove mai Conte arrivasse allo strappo definitivo. Chi non è diplomatico è il fronte moderato, laico e atlantista: Iv, Calenda e +Europa, con Della Vedova, attaccano Conte a testa bassa. Palazzo Chigi non commenta, ma si fa presente che premier e ministri hanno riferito "costantemente", tra Aula e commissioni, 11 volte, dall’inizio della guerra e il premier lo farà anche al ritorno dagli States, il 19 maggio. Ma è un question time, non prevede un voto. Conte invece vorrebbe un voto su risoluzioni o mozioni. Una tentazione pericolosa perché, se il governo va sotto o la maggioranza si spacca, la crisi di governo è conclamata. Enrico Letta, segretario del Pd, assicura che "la crisi di governo è fuori dai radar. Sarebbe assurda". Vero ma non per tutti. Non per Conte.