Venerdì 19 Aprile 2024

Conte-Draghi: il penultimatum

Il leader Cinque stelle presenta un elenco di richieste: abbiamo giurato fedeltà all’Italia, non al premier "Non stiamo qui a reggere il moccolo a centro e destra". I parlamentari grillini premono per la rottura

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di Ettore Maria Colombo

Una giornata iniziata bene finisce malissimo. Nonostante l’incontro tra Draghi e Conte fosse andato benino, a sera tirano venti di crisi. Infatti, quando il leader del M5S riunisce l’assemblea plenaria dei due gruppi parlamentari, a Montecitorio, si trova davanti la maggioranza degli interventi di parlamentari M5S che spinge per l’uscita dal governo, garantendo l’appoggio esterno. La notizia corre subito, sul filo, mettendo i brividi al premier e agli alleati. Conte non fa nulla per sdrammatizzare la questione, anzi: monta e fa crescere il ‘disagio’. E così molti sono gli "interventi di sostegno alla dura linea illustrata da Conte all’inizio e al contempo di insofferenza" verso l’esecutivo. "Bisogna cambiare metodo. Non accetteremo più testi inviati al cdm all’ultimo momento, di cui non si sa nulla e non condivisi". Ne ha anche per gli alleati giallorossi Conte: "Le alleanze non sono acquisite, serve rispetto e nessun diktat". E poi: "Non abbiamo giurato fedeltà a Draghi, ma agli italiani". E ancora: "Non stiamo qui a reggere il moccolo al grande centro e alla destra". E poi: "Dobbiamo capire se ci sono le ragioni per restare". Insomma, una gragnuola di fendenti, ovvio che i parlamentari si mettano tutti in scia.

Del resto, già entrando nella riunione dei gruppi e uscendo dalla sede nazionale del M5s, dove aveva riunito di nuovo il Comitato nazionale, Conte risponde così a una domanda che gli diceva che ‘fonti’ di Chigi assicuravano che aveva garantito l’appoggio al governo ribatte inviperito: "No. Non ho mai assicurato il sostegno al governo. Dipende dalle risposte che ci daranno".

A palazzo Chigi avevano visto tutto un altro film. Il senso dell’incontro sembrava il solito ‘tanto rumore per nulla’. E il messaggio immediato che era partito da Chigi era tranquillizzante: "Non c’è alcuna rottura. La prima cosa che Conte ha detto è che resta nel governo". Conte, non contento, e prima di vedere, a sera, i gruppi parlamentari, assicurava che "non accettiamo cambiali in bianco, abbiamo espresso tutto il nostro profondo disagio" e "ci aspettiamo risposte entro luglio". Ma il clima era stato "positivo e collaborativo". Deposte le armi sugli sms tra Grillo e Draghi, messo Di Maio all’indice da Conte ("Ha fatto la scissione e ci attacca tutti i giorni, devi arginarlo"), con Draghi che rotea gli occhi ("E’ un leader di un partito"), ma Conte insiste e chiede ‘vendetta’, il leader del M5s aveva presentato il cahier de doleances o ‘papello’. Una serie di richieste che "valgono almeno due Finanziarie", sospirano a palazzo Chigi. Un libro dei sogni. Il premier le studierà e valuterà cosa si può fare e cosa no. Ma balza agli occhi, nei nove punti, più quello che non c’è (il termovalorizzatore a Roma, il nuovo invio di armi a Kiev), che quello che c’è.

Tra le richieste, quella prioritaria è di evitare nuove "restrizioni penalizzanti" al Reddito di cittadinanza, misura feticcio dei 5S. Poi c’è il salario minimo, che piace anche il Pd, aiuti a famiglie e imprese, uno "scostamento di bilancio", interventi sulla riscossione fiscale, la transizione ecologica, il cashback, il superbonus. Draghi sceglierà, fior da fiore, cosa si può fare e cosa no, compatibilmente con i vincoli di bilancio (assai stretti). Poi c’era ancora in sospeso il dl Aiuti: contiene una bella sforbiciata a due dei nove punti che, nel cahier, sono "irrinunciabili" per dire sì o no alla permanenza al governo (reddito di cittadinanza e superbonus), più gli inceneritori. Alla fine, la richiesta del voto di fiducia al dl Aiuti è arrivata e verrà votata oggi. I 5S, feriti nell’orgoglio, diranno sì alla fiducia, astenendosi sul testo finale, con mezze promesse per il futuro. Ma, al Senato, dove il dl arriverà, dovrà andare di corsa (scade il 16 luglio), verrà messa la fiducia, e lì il voto è unico. I 5stelle potrebbero dire di no lì.