Conte contro Di Maio, sfida finale tra 5 Stelle

Dopo l’ok al testo Cartabia, si rafforzano le spinte scissioniste. Oggi l’assemblea congiunta con i parlamentari per evitare la rottura

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di Elena G. Polidori

È l’ultima spiaggia per evitare uno strappo che, soprattutto al Senato, potrebbe produrre una lacerazione profonda anche a livello di maggioranza di governo. Oggi è il giorno dell’assemblea congiunta dei gruppi parlamentari 5 Stelle dopo l’approvazione, in Consiglio dei ministri, della riforma della giustizia targata Marta Cartabia che ha affossato la cancellazione della prescrizione voluta da Alfonso Bonafede.

I parlamentari hanno chiesto un confronto diretto con la squadra di governo per capire la dinamica di un voto di astensione (scongiurato il no che avrebbe portato a una pesante spaccatura nell’esecutivo) che invece si è trasformato in un sì convinto. Una ‘giravolta’ che ha lasciato senza parole persino dei maestri del genere come i duri e puri grillini e che oggi si tramuterà nella resa dei conti più forte dall’inizio dell’avventura parlamentare del Movimento: da un lato gli ortodossi, decisi a tutto pur di difendere i principi e il futuro del M5s fino a ipotizzare un’uscita dalla maggioranza in pieno semestre bianco e dall’altra i governisti, con in testa Luigi Di Maio, non più così amico di Conte in queste ore, ma deciso comunque a sostenere Draghi fino all’ultimo. Il primo gruppo minaccia anche battaglia parlamentare attraverso una valanga di emendamenti al testo Cartabia.

L’ok alla riforma penale, si ricorderà, è arrivato dopo un lungo confronto con il gruppo di governo stellato, che ha chiesto a Draghi di inserire, fra i reati che devono essere ‘cancellati’ dai processi con tempi più lunghi, anche quelli commessi dai colletti bianchi, cavallo di battaglia dell’ex ministro Bonafede. Sul tavolo, per esempio, la corruzione e la concussione, ma il testo che poi è uscito fuori è considerato "inaccettabile". I termini dell’accordo raggiunto nelle lunghe riunioni a palazzo Chigi ormai tre giorni fa sarebbero stati messi a conoscenza degli eletti M5s che, vista la mediazione, avrebbero risposto con un no e al massimo con l’indicazione della necessità di non votare il provvedimento, attraverso l’astensione, Indicazione trasformatasi poi, però, in disco verde da parte del Cdm al completo. Di questo si chiederà conto in qualche modo ai ministri Fabiana Dadone, Luigi Di Maio, Federico D’Incà, Stefano Patuanelli e alla sottosegretaria Anna Macina. Per molti il punto d’arrivo raggiunto è "un passo indietro", ma il tema è ormai più profondo e riguarda la natura stessa del Movimento che deve decidere se essere "di governo" oppure spaccarsi e far tornare una parte all’opposizione. Forse con Conte leader, almeno virtuale, dell’anima ribelle interna.

La riforma della giustizia di fatto sta allargando il solco tra Conte e Grillo. Con quest’ultimo che è finito – ieri – nel frullatore della base stellata. L’accusa: aver "venduto" la riforma Bonafede perché sotto ricatto per la questione del figlio Ciro. Ma sono dietrologie: secondo fonti di governo a 5 Stelle, Grillo non ha mai fatto pressione perché si prendesse una decisione o un’altra sulla questione della riforma Cartabia, ma anche su questo solo oggi si conoscerà la versione" dei ministri stellati.