Mercoledì 24 Aprile 2024

Conte blinda il Natale, l’ira delle Regioni Mille morti: il record da inizio pandemia

Il premier: "Se abbassiamo la guardia, in gennaio avremo una terza ondata violenta. Saranno festività diverse ma non meno autentiche"

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di Antonella Coppari

"Sono solo tre giorni, è vero, ma si tratta di giorni particolari". La mettono giù così i governatori al premier che prova ad ammorbidire l’irritazione per il decreto che vieta di muoversi dal proprio comune a Natale, Santo Stefano e a Capodanno: "Non sono nulla, rispetto alle restrizioni previste per zone rosse o arancioni". In effetti, quelle 72 ore per il valore anche simbolico che assumono agli occhi di molti italiani sono l’ennesimo scossone che fa tremare il governo. S’intrecciano con tensioni di tutt’altro tipo, e il risultato è che nel giorno più tragico dall’inizio della pandemia a febbraio, in cui si tocca il picco di 993 decessi, la presentazione di un dpcm già sofferto è accompagnata da uno strascico di polemiche e irritazioni reciproche anche più elevato del solito.

Ne è consapevole Conte, che – quando si accendono le telecamere all’ora di cena – difende le misure: "Sono adeguate, non ci sono penalizzazioni inutili: abbiamo evitato il lockdown generalizzato. Affrontare le feste con più leggerezza provocherebbe un’impennata dei contagi". Abbiamo cercato un equilibrio, gli eco il ministro Speranza: "Tanti morti dimostrano che siamo ancora dentro la crisi". Si chiedono sacrifici, riconosce il premier, "ma non dobbiamo abbassare la guardia. Dobbiamo scongiurare una terza ondata che potrebbe arrivare già a gennaio e non essere meno violenta della prima. Sarà un Natale diverso, non meno autentico".

Parole che non bastano a calmare i presidente di Regione, secondo i quali con queste norme "ingiustificate" si crea una disparità di trattamento tra chi abita in una grande città e chi vive invece in un piccolo centro: "Il divieto di andare da un comune all’altro è lunare", insiste il lombardo Fontana. E poco importa loro sapere che, sui ricongiungimenti il premier abbia cercato di trovare una quadra che accontentasse tutti pensando al papà novantenne in Puglia. Bonaccini, Toti, Fedriga & co. lamentano di non essere stati ascoltati. "Abbiamo letto il decreto legge sulla Gazzetta Ufficiale". Falsità, replica il ministro Boccia: "Sono norme che conoscevate bene, frutto di un confronto con voi".

I social ribollono, l’opposizione protesta e occupa l’aula mentre il premier parla in tivù. Ma l’elemento forse più inquietante è che proprio sul giro di vite agli spostamenti natalizi si manifesta una spaccatura del Pd che ha radici più profonde, e chiama in causa gli equilibri di governo. La lettera con cui 25 senatori e 30 deputati chiedono a Palazzo Chigi di rendere possibile i ricongiungimenti familiari arriva come un fulmine a ciel sereno. Sono gli ex renziani di ‘base riformista’ che si schierano con il capogruppo a Palazzo Madama, Andrea Marcucci che, già l’altro ieri, aveva urlato il suo scontento per una misura "sbagliata". E ora avverte i vertici del Nazareno: "Non sono isolato come volevate far credere".

In ballo non c’è solo un cenone di Natale, ma un’insoddisfazione a tutto campo che mette nel mirino il triangolo Conte-Zingaretti-Franceschini e rischia di travolgere il governo. In controluce, c’è chi ci legge una manovra per arrivare a quel rimpasto che, spiega il premier, "è una parola da brivido: sono contento che i partiti ci abbiano rinunciato. I miei ministri sono i migliori". Eppure, lo scontento monta: a dargli voce apertamente finora solo Italia Viva, che però negli ultimi tempi spesso ha amplificato umori presenti anche nel Pd e persino dentro M5s. "Anche sul nuovo Dpcm il governo continua a fare solo finta di coinvolgere i gruppi parlamentari". Certo, la nota informale assicura "noi andiamo avanti per senso di responsabilità", ma la minaccia non potrebbe essere più chiara.