Giovedì 18 Aprile 2024

Congedo mestruale, legge in arrivo a Madrid

Per la prima volta in Europa una norma che propone tre giorni di permesso retribuito durante il ciclo. Martedì il voto in Parlamento

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di Viviana Ponchia

Quante storie, cosa vuoi che sia, non è mai morto nessuno. Almeno una volta nella vita una donna l’ha sentito dire in quei giorni (e su "quei giorni" bisogna tornare). Con il permesso, al limite, di dirsi indisposta. Attenzione all’aggettivo. Significa sofferente di un disturbo non grave e passeggero. Ma anche dichiaratamente ostile nei confronti di chi non capisce. I crampi, la nausea, l’emicrania. E che brutto carattere, che insopportabili paturnie. E stai lontana dalla maionese altrimenti la fai impazzire. Il mondo va avanti e il tabù resta con il suo corredo di parole odiose: il barone rosso, il marchese, lo zio d’America, le mie cose, "ho ospiti" e, appunto, "quei giorni". In tutta la storia non esiste un analogo fenomeno di demonizzazione della biologia.

Dall’antichità la donna mestruata è stata considerata strana, irritabile, mortifera per le salse e il raccolto. In ebraico il termine è "niddah", la non purificata. E anche la Bibbia nel Levitico ne sancisce l’isolamento sociale: "Quando una femmina avrà i suoi corsi e il sangue le fluirà dalla carne, la sua impurità durerà sette giorni e chiunque la toccherà sarà impuro fino alla sera". E allora basta così. La Spagna, con uno dei suoi scatti che tanto ce la fanno amare, è pronta per la rivoluzione. Tre giorni di permesso retribuito durante il ciclo, che salgono a cinque in caso di mestruazioni dolorose. Martedì prossimo, se passerà il disegno di legge sulla salute riproduttiva, potrebbe essere il primo Paese occidentale a osare tanto. È già successo in Vietnam, Corea del Sud, Taiwan, Cina e Giappone, dove i malesseri mensili delle donne non vengono considerati un capriccio. Noi abbiamo fatto passi avanti con la nobile battaglia contro la "tampon tax" che assimilava i prodotti per l’igiene femminile ai beni di lusso, limando l’Iva ma non ancora abbastanza. E per fortuna riusciamo a indignarci se la direttrice di un supermercato pretende "nome e cognome di chi ha il ciclo, altrimenti gli calo le mutande io" quando trova un assorbente abbandonato in bagno. Ma la distanza dagli spagnoli resta siderale.

In Italia una proposta simile fu avanzata alla Camera da alcune deputate Pd nel 2016. Prevedeva un congedo per le donne che soffrono di dismenorrea e un’indennità del 100% anche per le assunte a progetto. È ferma dove l’hanno lasciata. L’unica è sperare nell’effetto domino perché davvero gli spagnoli fanno un figurone, anche se non mancano i guastafeste. E se la storica proposta di legge incentivasse ancora di più la discriminazione? E chi applica il congedo? Chi stabilisce quanto è acuto il disturbo? Scriveva Sibilla Aleramo: "L’organismo femminile, anche il più sano, dinanzi ai suoi malesseri periodici si trova sempre indifeso e umiliato. Nessuno ha analizzato questa condizione animale e sacra". Poco alla volta ci stiamo arrivando.