Confindustria boccia il Recovery: troppo vago "Bruxelles può respingerlo, fatevi aiutare"

Imprenditori in pressing per cambiare la governance del Piano da 220 miliardi. I ministri fanno muro: buona interlocuzione con l’Europa

di Claudia Marin

Il j’accuse è di quelli che lasciano il segno: il Recovery Plan italiano, avvisa il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, "non è conforme con le linee guida indicate dalla Ue". Ed è solo uno dei nodi critici evocati dal leader degli industriali nell’incontro con Giuseppe Conte e gli altri ministri economici.

Una bordata che arriva solo poche ore prima dell’annuncio da parte del premier dell’intenzione di dimettersi. E che, per molteplici versi, fa il paio con l’avvertimento che lancia da Bruxelles il commissario Paolo Gentiloni: "In Italia stiamo un po’ nei guai, nel pieno di una crisi che non aiuta le cose, avremmo bisogno di un governo capace di garantire che la crisi non diventi crisi sociale, che non ci sia crisi finanziaria, che sappia assicurare la qualità del piano di Recovery e confermi la scelta europeista. Invece siamo nell’incertezza". Mentre, a sua volta, il presidente del Parlamento Ue, David Sassoli, insiste: "Il Recovery fund non aspetta: o parte o no".

Piccate le reazioni del presidente del Consiglio e dei ministri Roberto Gualtieri (Economia), Nunzia Catalfo (Lavoro), Stefano Patuanelli (Sviluppo economico): "È un piano che non è del governo ma del sistema-Italia, quindi deve essere ampiamente condiviso". Una precisazione accompagnata da una raffica di cifre e note su incontri, risorse e progetti.

Il che, però, non è bastato a frenare il cahier de doléance di Confindustria. A ispirare le osservazioni, ha spiegato Bonomi, "è esclusivamente l’interesse nazionale affinché il Piano nazionale di resilienza e rilancio (Pnrr), un’occasione storica e irripetibile per il Paese, raggiunga la massima efficacia". La prima osservazione riguarda "la mancata conformità con le linee guida indicate dalla Ue", che prescrivono che ogni riforma strutturale "venga declinata secondo una stima precisa degli obiettivi quantitativi che si intende ottenere rispetto alle risorse impegnate". Questo perché la Commissione stessa possa "verificarne l’attuazione, sia nell’arco della durata del Piano che negli step intermedi, scongiurando così il rischio di revoca dei fondi o, peggio ancora, la restituzione".

La linea d’azione, secondo Confindustria, "deve essere plausibile, alla luce dei risultati ottenuti dall’Italia negli anni precedenti, con interventi nello stesso settore, e congruo rispetto ai principali effetti di sostenibilità sociale, ambientale e al quadro generale di finanza pubblica". Insomma, gli industriali vogliono sapere "gli effettivi impatti delle misure e dei progetti sul Pil". In assenza di un quadro generale di priorità, compatibilità e obiettivi, "ogni valutazione rischia di ridursi ad una mera somma di richieste, in nome dei diversi interessi economici e sociali". Sul fronte del lavoro, per di più, "non viene indicata – ha incalzato Bonomi – la direzione che il governo intende intraprendere sulla riforma degli ammortizzatori sociali".

Per non parlare delle infrastrutture: "Prima di esprimersi sull’allocazione delle risorse, occorre chiarire il gap delle 35 misure attuative non ancora emanate e dei ripetuti interventi fino al Decreto-legge Semplificazioni. Specie in questo ambito, l’efficacia dell’assetto organizzativo e la profonda revisione delle procedure della Pa, al momento non declinate, risulta determinante".

Ma, come se non bastasse, riaffiora anche il nodo della governance, con la richiesta del "coinvolgimento delle parti sociali lungo tutto il processo di esecuzione dei progetti". Un tema che pone anche il presidente della Confcommercio, Carlo Sangalli, che chiede di rafforzare il terziario per dare una spinta al Paese.