Comuni, l’intesa giallorossa regge Ma per le politiche i dem frenano

Dopo i dissidi sulle armi si temono altre tensioni. Boccia: "Accordo solido". Però al Nazareno monta la rabbia

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di Ettore Maria Colombo

"L’alleanza con il M5s è solida" dice Francesco Boccia, responsabile Enti locali del Pd. A leggere le cronache di questi giorni sembra vero il contrario, ma Boccia parla delle elezioni amministrative del 12 giugno. In effetti, sul piano locale, ha ragione: in quasi tutte le 25 città capoluogo al voto l’alleanza tra Pd e M5s c’è. Significativa quella nei capoluoghi di regione (Genova, Palermo, Catanzaro, L’Aquila), ma chiudere l’alleanza con i 5S vuol dire ‘tagliare fuori’ i centristi (a Palermo e Catanzaro, in forse Genova). Certo è che i dissidi tra Pd e M5s restano tutti sul tappeto. Oltre al fatto che il partito dei sindaci dem preme per ottenere l’abrogazione della legge che prevede le dimissioni sei mesi prima delle Politiche (dove molti di loro vogliono candidarsi) e delle norme ‘anti-sindaci’ della Severino (l’abuso d’ufficio).

Resta uno scontro, quello sull’aumento delle spese militari, che è stato forte e aspro tra Pd e M5s. Conte pretende "rispetto" dai dem, ma quando, l’altra sera, ‘fonti’ del Movimento hanno cercato di usare persino le parole del ministro Lorenzo Guerini (autore della mediazione) contro il suo stesso partito, e ora ci riprovano torcendo anche le parole di Romano Prodi sulla difesa comune europea, i dem non ci hanno visto più. Letta ha chiesto a tutti di "mantenere la calma ed evitare falli di reazione", ma è stato subissato di messaggi e telefonate furibonde e lui stesso, pur nel ruolo di pompiere, sì è arrabbiato. Molti iniziano a pensare che serva una legge elettorale da ‘ognuno per sé e Dio per tutti’, cioè il proporzionale. E lo pensano anche i pentastellati che hanno riproposto il Germanicum. Il Pd, col 20% nei sondaggi, potrebbe ‘scegliere’ con chi andare al governo, restando centrale, isolando i 5S e non dovendo ‘regalare’ a un partito definito "inaffidabile" i collegi blindati.

Intanto, però, le correnti dem scalpitano. Molti sono arrabbiati ma dissimulano, altri parlano. Sul profilo Facebook di Base riformista, l’area di Guerini e Lotti, c’è chi parla dei 5Stelle come di un partito che "non si fa scrupoli a raccontare menzogne pur di guadagnare visibilità" e chi li accusa di "bugie da cialtroni". I Giovani turchi di Orfini fanno sapere che "la pazienza è finita, la misura è colma".

Persino il prudente Guerini è scettico sul futuro di un’alleanza che, "per funzionare, deve essere credibile e coesa". I suoi vorrebbero dialogare di più con il fronte centrista (Calenda, Renzi, i liberal di FI) che con i 5Stelle e temono che, alle comunali, l’apporto del M5s sarà minimo o nullo. Invece, il vicepresidente del M5s, Ricciardi, ribadisce che, per loro, "il campo largo riguarda noi, Pd e Leu, esclude Renzi e Calenda".

Il timore di molti dem "è che Conte riproverà a cercare l’incidente, giocando al ‘più uno’ su tutti i provvedimenti (catasto, balneari, giustizia, fino al Def e alla manovra di bilancio) per imbastire una guerriglia permanente che porti, in autunno, alla caduta del governo per riavere le mani libere e cercare di risalire nei sondaggi. Ma Draghi potrebbe stancarsi e dimettersi. Per il Pd le elezioni anticipate in autunno sono un incubo.