Completi scuri e visi seri: la sobrietà al potere Niente passerelle, è il governo del rigore

Mascherine, amuchina, distanza: l’insediamento con le regole del Covid. La puntualità e il rigore degli abiti segnano il cambio di passo. Il premier giura in anticipo di 3 minuti, la Gelmini si emoziona e scorda le parole. Fuori dal coro Erika Stefani con i suoi capelli selvaggi

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di Viviana Ponchia

È come se tutti si fossero già cancellati da Twitter. Come se i maschi la sera prima avessero ricevuto istruzioni sul dress code dalla signora Draghi (guardatelo e copiate) e le femmine da Christine Lagarde (chi non può permettersi una cosina di Chanel, con il tailleur nero non sbaglia mai). Alla fine viene fuori una foto di gruppo in uniforme, un rigore da compagnia di bandiera sui toni del nero e del blu con trascurabili dettagli temerari, ma in fondo è il primo giorno. Il Covid ingessa il giuramento del nuovo governo. Grosse responsabilità ha anche la domanda implicita (e la risposta che si presume scontata) rivolta agli italiani dalla sobrietà monocromatica dell’insieme: comprereste un’auto usata da questi signori? È l’ora della serietà e del silenzio. Un atto notarile collettivo a colpi di formule, disinfettante e tamponi. Al limite, per i colori e la potenza dei sentimenti trattenuti, un funerale. Distanza. Assenza di contatti. Musi lunghi per colpa delle Ffp2 bianche che infliggono un democratico prognatismo ai profili.

La cerimonia solenne prende forme che erano impensabili solo pochi anni fa, quando in circostanze analoghe Salvini non rinunciava alla cravatta verde, alla spilla del Carroccio e ai braccialetti colorati. Il basso profilo stavolta punta in alto per comunicare operosità e competenza: parlare poco, fare molto e non dimenticarsi di puntare la sveglia. Nell’attesa c’è tempo per le presentazioni, che Renato Brunetta si risparmia ciondolando con le mani dietro la schiena, tanto li conosce tutti, anche quell’esagerato di Vittorio Colao che batte sopra il metro e novanta e ha il vizio di appiccicarsi a lui nelle fotografie. C’è chi coglie spunti concreti di unità nazionale nel capannello Garavaglia-Orlando-Di Maio, dove l’ultimo sorride tantissimo. E chi rimpiange i tempi in cui si poteva leggere il labiale.

Alle 11.50 sono tutti accomodati sulle 24 sedie color panna nel Salone delle feste del Quirinale. Gli addetti alla pacificazione. Gli equilibristi. Uniti sì ma distanti, altro che ammucchiata. La questione delle penne fa temere che la cosa vada per le lunghe. Sono tre, tutte d’oro. Una per il presidente Mattarella, una di riserva e l’ultima da passarsi a turno previa sanificazione. Invece tutto scorre, in meno di un’ora il fastidio è tolto. Draghi giura con 3 minuti di anticipo e sa di dovere reggere il confronto di stile con chi lo ha preceduto. Al passaggio di consegne, Conte sembra ringiovanito di 10 anni e incarna una diversa concezione del glamour e del blu, più chiaro, con cravatta azzurro a piccoli pois bianchi, pochette a filo nel taschino e tricolore sulla mascherina.

Al nuovo premier viene attribuito un tocco british nel completo sartoriale a tre bottoni, nuance navy, reso meno austero dalle monk strap, le scarpe con la fibbia di lato che gli inglesi indossano anche con l’abito da sera. Sul bavero della giacca la rosetta da Cavaliere della repubblica, quindi la fiamma di una cravatta rossa striata che fa concorrenza a quella del ministro Orlando. Per il resto: dove sono le sfrontate balze color pervinca di Teresa Bellanova, che incendiava l’inquadratura? E la giacca da smoking con i revers sciallati della ministra Bonetti, che ora si limita al filo di perle?

Gelmini è impeccabile nel completo pantalone scuro con sottogiacca bianco ma scivola da un’altra parte: vorrebbe recitare a memoria la formula del giuramento, si blocca sulle prime sillabe ed è costretta a leggere. Anche Mara Carfagna, mamma da pochi mesi, farebbe felice la Lagarde, mentre Fabiana Dadone si è arresa alla giacca e gonna nere, osando però una maglia che i maligni giurano di avere visto da Zara, troppi braccialetti e scarpe dorate con il tacco a stiletto. Altro colpo alla coerenza dell’inquadratura Erika Stefani: gioca troppo con la giacca bouclet e il capello selvaggio. E il ministro Patrizio Bianchi, che sotto la giacca sformata indossa un gilet di lana, tipico vizio da professore. Niente amici e parenti in sala, niente brindisi dopo la foto di rito senza mascherina. Si può rifiatare, ma è solo un attimo.