Venerdì 19 Aprile 2024

Come uscire dall’impasse sul Quirinale

Raffaele

Marmo

Le divisioni in Consiglio dei ministri sulle tasse e le bollette, l’assedio dei partiti sulla legge di Bilancio a colpi di bandiere e vessilli, e, da ultimo, lo strappo di Cgil e Uil sulla manovra arrivato fino alla proclamazione (per di più senza la Cisl) dello sciopero generale: insomma, la responsabile pax draghiana, che ha assicurato la tenuta interna e internazionale del Paese, sembra vacillare. E si comprende, allora, come il premier, con il suo inner circle, tema di poter rimanere, a Palazzo Chigi, impantanato nelle sabbie mobili di un lungo anno di estenuante campagna elettorale per la conquista dell’ultimo seggio, con l’aggravante di un contesto di tensioni economiche e sociali crescenti.

Dunque, non sorprende la spinta che arriva da più ambienti per eleggere Draghi al Quirinale e quel che deve succedere, succeda. Almeno – questo il ragionamento – si metterebbe al sicuro il Paese affidando l’istituzione-chiave della Repubblica a colui che ci garantisce la fiducia dell’Europa e del mondo.

A quel punto, se si vogliono evitare le elezioni anticipate, il presidente del Consiglio non può che essere una figura istituzionale riconoscibile: da qui il nome della Cartabia, ex Presidente della Corte costituzionale. Che avrebbe "anche" il merito di essere la prima donna alla guida del governo.

Il problema è che questo schema lineare si scontra con le riserve dei parlamentari che temono la caduta dell’esecutivo-Draghi e il voto nel 2022, ma anche con le mire di leader e capi-corrente che puntano su nomi alternativi per il Colle. Solo che Draghi, per rimanere a Palazzo Chigi, chiederebbe non solo un patto armato di fine legislatura ai partiti e allo stesso Parlamento, ma anche un Presidente della Repubblica che non appaia come una delegittimazione o un commissariamento per lui: e, a quanto risulta, la Cartabia sembrerebbe rispondere all’identikit. Con il corollario, non secondario, di avere "anche" la prima donna al Quirinale.