Mercoledì 24 Aprile 2024

Come cambiare il mammut pubblico

Marcella

Cocchi

Facile dire che il Pubblico sembra un mammut inscalfibile mentre tutto intorno cambia. Facile inveire contro il “carrozzone” incapace di rispondere ai cittadini. Troppi sono i pregiudizi, cristallizzati però sulla base dei servizi inefficienti. Ma basta con gli automatismi. Qualcuno di questi pregiudizi è reale, altri no. Ad esempio non è vero che i dipendenti pubblici in Italia sono tanti. Al contrario, stando a quanto “fotografato” dall’Istat quelli italiani sono tra i meno numerosi nell’Ue in rapporto alla popolazione (5,6 ogni 100 abitanti). È vero invece che sono i più anziani, la media sfiora i 50 anni. È vero che fanno poca formazione. È vero che, nonostante una buona quota di laureati (il 42,6%), hanno competenze spesso disallineate a ciò che serve.

Il pregio maggiore delle nuove linee guida sui fabbisogni professionali emanate dai ministri Brunetta e Franco sta nel tentativo di scardinare gli automatismi del turnover del suddetto “mammut”.

Le amministrazioni pubbliche dovranno considerare non più solo le conoscenze teoriche – il famoso pezzo di carta – ma anche quelle tecniche, il saper fare (carattere compreso). Principio giusto per provare finalmente a “customizzare”. Inoltre – e veniamo al punto principale – c’è il tentativo di abolire le figure professionali clone, prevenendo il difetto di una PA sempre uguale a se stessa attraverso l’input di smettere di sostituire le vecchie figure con altre identiche, ancorché qualificate. Insomma, se un travet si trovasse Draghi come vicino di banchetto (scusate l’esempio paradossale), non andrebbe bene rimpiazzarlo con un altro, competente, Mario Draghi. Perché l’obiettivo dovrà essere rispondere al futuro. Con assunzioni di esperti di digitale e di transizione verde, per esempio. Cosa da fare ora (non domani), ora che la riforma della PA è sostenuta da 10 miliardi stanziati dal Pnrr. Le linee guida ci sono, il nuovo governo sarà in grado di passare ai fatti?