Giovedì 18 Aprile 2024

Com’è fragile questo mondo Suez insegna

Gabriele

Canè

A Suez, il deserto è grigio e le acque sono blu. Presto, forse, le 370 navi bloccate dal cargo incagliato, diventeranno gialle, coperte di sabbia, come quei 15 mercantili che dal 1967 e per 8 anni rimasero bloccate dalle guerre tra Egitto e Israele. Non c’è niente di green, insomma, nella vicenda della Ever Given, non c’è economia circolare, digitale, satellitare. Niente del mondo di oggi, tecnologico, e di una auspicabile next generation. C’è una arteria inaugurata il 17 novembre del 1869, costruita in 10 anni con piccone e dinamite per collegare il Mediterraneo con il Mar Rosso, l’occidente e l’oriente. Una vecchia signora, di cui non si parla mentre la finanza maneggia i bitcoin, o si progettano stazioni su Marte. Se però, quella vena si occlude, il mondo patisce ancora conseguenze economiche drammatiche: più o meno 9 miliardi di dollari al giorno di sbilancio commerciale, la benzina che aumenta, la mercanzia che non arriva. Allora, è certo che non si deve smettere di esplorare lo spazio, ma ricordandosi di tenere sempre i piedi per terra. Perché siamo ricchi e potenti, e i nostri dati rimbalzano da un continente all’altro, finché un "qualunque" Canale di Suez non si blocca e (ri)scopriamo di essere fragili. Come e più di prima. Niente di nuovo, in realtà. È bastato un virus per paralizzare il mondo, nonostante i nostri laboratori

e le nostre industrie farmaceutiche siano astronavi cariche di super scienziati e di super tecnologie. E ci sentiamo in gabbia se per due ore si blocca WhatsApp, che pure è nato ieri, ma basta una nave insabbiata in una striscia d’acqua vecchia come l’Italia unita per farci pagare la benzina qualche centesimo in più. Comunque, tranquilli: il nostro super rimorchiatore Carlo Magno sposterà

il gigante porta container,

il sangue commerciale

scorrerà di nuovo nelle vene di Suez, e il mondo tornerà a pensare al futuro. Fragile come

nel passato.