Colpo di freno sull’auto elettrica Stallo in Europa, l’Italia esulta

Il voto sullo stop a diesel e benzina rinviato a data da destinarsi. Meloni: un successo del nostro Paese. Berlino temporeggia, mentre la Francia sta già lavorando per raggiungere l’obiettivo del 2035

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di Elena Comelli

È in bilico lo stop al 2035 per le auto e i furgoni a combustione interna. Gli ambasciatori degli Stati presso l’Unione europea hanno deciso infatti di rinviare l’adozione del regolamento già concordato con il Parlamento europeo a un prossimo Consiglio. E il governo italiano esulta: "Il rinvio, a data da destinarsi, del voto alla riunione degli ambasciatori Ue sul Regolamento che prevede lo stop dal 2035 alla vendita di auto nuove diesel e benzina è un successo italiano", ha sostenuto la premier Giorgia Meloni in un post su Facebook. Applaude anche il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, secondo cui questo rinvio "tiene giustamente conto di una forte resistenza di alcuni Paesi europei, con l’Italia in prima fila, a un’impostazione del regolamento troppo ideologica e poco concreta".

L’attuale posizione italiana è infatti "molto chiara: l’elettrico non può essere l’unica soluzione del futuro, tanto più se continuerà, come è oggi, ad essere una filiera per pochi. Puntare inoltre sui carburanti rinnovabili è una soluzione strategica e altrettanto pulita, che consente di raggiungere importanti risultati ambientali evitando pesanti ripercussioni negative in chiave occupazionale e produttiva".

Il regolamento sullo stop alle auto a benzina e diesel, che ora richiede un ulteriore passaggio per l’approvazione finale, è frutto dell’accordo fra Consiglio ed Europarlamento, che l’ha approvato il 14 febbraio a maggioranza. Le posizioni contrarie di Polonia e Bulgaria erano note e sono state comunicate formalmente il 24 febbraio, mentre il voltafaccia del governo italiano, che precedentemente aveva indicato nelle sedi Ue il proprio parere favorevole, è stato comunicato lo scorso 28 febbraio. Fin qui nulla di male, perché per una minoranza di blocco è necessario un gruppo di almeno quattro Paesi. Il problema è sorto con il tentennamento della Germania, il cui governo appare al momento diviso: i liberali spingono per inserire una serie di condizioni a tutela dei combustibili neutri in termini di emissioni di CO2 (quindi a base di idrogeno verde), mentre Verdi e Spd sarebbero per un via libera allo stop del 2035.

Ora si temporeggia nell’attesa che a Berlino il governo trovi una soluzione di compromesso all’interno della coalizione. Il ministro francese dell’Industria Roland Lescure, invece, ha confermato che la Francia sta lavorando per rispettare lo stop al 2035: "Stiamo operando sui dettagli per assicurarci che questo impegno comune entri in vigore quando dovrà essere in vigore: l’industria si sta organizzando per trovare il giusto percorso, ma questo dev’essere in linea con l’obiettivo che abbiamo deciso tutti insieme e che i consumatori e i nostri cittadini stanno aspettando".

L’accordo raggiunto tra Consiglio e Parlamento Ue prevede un obbiettivo di riduzione – rispetto ai livelli del 2021 – delle emissioni di CO2 del 55% per le autovetture nuove e del 50% per i furgoni, da raggiungere entro il 2030. C’è poi l’obiettivo di riduzione delle emissioni di CO2 del 100% sia per le autovetture nuove che per i furgoni nuovi entro il 2035, che segna di fatto il definitivo passaggio alla mobilità elettrica. L’accordo include un riferimento ai combustibili neutri in termini di emissioni di CO2 – tra cui l’idrogeno – e prevede che la Commissione presenti una proposta su questo tema, ma non subito. Il problema di fondo è l’impreparazione dell’industria italiana dell’auto. I produttori tedeschi hanno reagito al dieselgate con imponenti piani di investimento sull’elettrico, Renault e Peugeot hanno nel tempo creato noccioli duri sull’elettrico, mentre Fiat, poi Fca e ora inglobata in Stellantis, soffre degli scarsi investimenti di Sergio Marchionne nell’elettrico.