Colle, la gara inizia il 24 gennaio. Partiti al palo: nessuno dà le carte

Il centrodestra rinvia l’ennesimo vertice, i 5 Stelle per il Mattarella bis. E Draghi non parlerà della candidatura

Il pentastellato Roberto Fico, 47 anni, presidente della Camera dei deputati

Il pentastellato Roberto Fico, 47 anni, presidente della Camera dei deputati

La sola cosa certa, nella gara per il Colle, è che oggi il presidente della Camera, Roberto Fico, invierà alle Regioni la lettera con la data del primo voto per il nuovo inquilino del Quirinale. L’inizio delle operazioni, calendario alla mano, sarà il 24 gennaio. Per il resto, tutti navigano a vista, cioè nella nebbia.

La strategia del centrodestra l’ha detta Berlusconi. È lui, infatti, che ha deciso che bisogna aspettare la riunione dei ‘grandi elettori’ del Pd e poi tenere il (decisivo) vertice: programmato il 10 gennaio, è stato rinviato.

"Inutile – ha spiegato Gianni Letta – vedersi prima e dire che il nostro candidato è Berlusconi. Loro, a stretto giro, ci boccerebbero la proposta. Facciamo fare a loro la prima mossa", la chiosa. Intanto, Berlusconi continua la sua caccia ai voti in pancia al gruppo Misto ("Sono già cento"), ma l’unica certezza è la strategia di base: votare scheda bianca nei primi tre scrutini, quando serve la maggioranza qualificata, e iniziare a farsi votare dal 4° scrutinio, quando basta quella assoluta (505 voti).

Berlusconi sa che il suo avversario più temibile è uno solo – Draghi – e spiega a tutti che, con lui al Colle, la legislatura non cadrebbe (falso) e, anche, che se Draghi lasciasse Palazzo Chigi, "Forza Italia un minuto dopo uscirebbe dal governo" (possibile). Meloni, che resta muta, e Salvini, che ieri ha attaccato Letta perché "mette veti e perde tempo" mentre "la Lega lavora per fare veloce e perché tutti siano coinvolti", poco ci credono, ma – costretti a fare buon viso al gioco – garantiscano al Cavaliere "piena lealtà" su di lui.

La contro-manovra di Letta, e del Pd, è lanciare la corsa di Draghi nell’assise del 13 gennaio. Più contorto il come arrivarci. Serve un patto blindato che comporti, nello stesso pacchetto, l’accordo sul nome del futuro premier (salgono le quotazioni di Daniele Franco); serve che Draghi sia mandato al Colle da una maggioranza molto larga fino a comprendere anche Fratelli d’Italia; e serve l’assicurazione che la legislatura prosegua fino alla sua scadenza naturale, cioè fino al 2022, magari corroborata da un ulteriore patto su una nuova legge elettorale di tipo proporzionale. Un gioco a incastro complicato dall’indecisione dei 5 Stelle, con i senatori che, un pò a sorpresa, si esprimono quasi all’unanimità per il Mattarella bis. Il M5s, inoltre, vorrebbe tenere Draghi a Chigi, impedire l’ascesa al Colle di Berlusconi ed evitare elezioni anticipate. A questa partita complessa partecipano altri ’giocatori’: Pier Ferdinando Casini, Giuliano Amato e Marta Cartabia, citati spesso tra i papabili per il Quirinale.

Draghi aspetta le mosse dei vari contendenti e promette di non entrare a gamba tesa nelle loro scelte. Parlerà di Covid e di economia, fingendo disinteresse: ogni gesto, parola, atto, gli si ritorcerebbe contro. Ma ha già fatto sapere – a Letta come a Salvini – che non resterà a palazzo Chigi "a qualsiasi costo". Nei film di Sergio Leone, una situazione del genere si chiama "stallo alla messicana". Solo che, alla fine, c’è sempre qualcuno che spara.