Riciclaggio, indagato il cognato di Renzi. Perquisizioni e sequestri della Finanza

La procura indaga su operazioni con soldi di associazioni umanitarie

Andrea Conticini con Matilde Renzi (da rdc)

Andrea Conticini con Matilde Renzi (da rdc)

FIRENZE, 15 luglio 2016 - OPERAZIONI sospette con i soldi delle associazioni umanitarie. È arrivata la Guardia di finanza, a casa della sorella del premier Matteo Renzi, in quel di Rignano sull’Arno. Ma l’obiettivo non era lei, Matilde; bensì suo marito, il manager di origini bolognesi Andrea Conticini, 35 anni. È indagato dalla procura di Firenze per riciclaggio. Con lui, i suoi fratelli, il gemello Luca e il più grande dei tre, Alessandro, 40 anni, anche loro perquisiti pochi giorni or sono. Per loro, l’accusa è invece di appropriazione indebita. I pm Luca Turco e Giuseppina Mione indagano su una triangolazione di denaro che sarebbe transitato da famosissime organizzazioni umanitarie come l’Unicef (Alessandro Conticini ne è stato il direttore, ad Addis Abeba, in Etiopia) o la Operation Usa (un’altra associazione no profit che si occupa di sostegno ai popoli di Paesi in via di sviluppo colpiti da epidemie o tragedie), verso la “Play Therapy Africa Limited” diretta dallo stesso Alessandro Conticini. Dalla “Play Therapy Africa Limited”, realtà impegnata anch’essa nel campo della cooperazione internazionale, le somme sarebbero poi state stornate direttamente sui conti personali dello stesso Alessandro, «in assenza – ipotizzano i magistrati – di idonea causale». Ma non è tutto. A questo punto, queste cifre – la cui entità non è stata comunicata neppure agli indagati – verrebbero «affidate» da Alessandro e Luca al terzo fratello, Andrea, appunto. Il cognato del premier Renzi, per conto dei fratelli, con questo denaro «umanitario» avrebbe acquistato quote di una società. Con soldi che i magistrati fiorentini ritengono «provento di reato».

SI TRATTA , secondo quanto ricostruito, di un’operazione internazionale da svariate centinaia di migliaia di euro, che avrebbe fatto drizzare le antenne alla Banca d’Italia, la quale ha segnalato il movimento sospetto alla procura guidata da Giuseppe Creazzo. Sospetti che investono anche il nucleo di polizia tributaria di Firenze, che attenzionano gli uffici dei pubblici ministeri prima il 13 luglio dell’anno scorso, poi lo scorso 7 giugno. Viene dunque aperto un fascicolo, con l’iscrizione nel registro degli indagati dei tre fratelli Conticini. L’altra sera, l’inchiesta della guardia di finanza culmina nelle perquisizioni: le fiamme gialle passano al setaccio le abitazioni della sorella del premier, a caccia ovviamente di file o agende che riguardino l’attività del marito ma soprattutto l’acquisto di queste partecipazioni, e contemporaneamente vanno anche a Castenaso, nel Bolognese, dove abitano gli altri due Conticini. Gli avvocati minimizzano, anzi, dubitano della sostenibilità dell’accusa, visto che il «prelievo» è stato comunque operato da società di proprietà dei Conticini e potrebbero analizzare il diritto commerciale anglosassone, a cui la società finita nel mirino di magistrati – l’equivalente di una nostra s.r.l. – fa riferimento.

FORSE, il quadro diventerà più chiaro quando la procura depositerà le sue carte, in vista dell’udienza del tribunale del riesame, a cui i Conticini, con i loro legali, hanno fatto ricorso. Durante le perquisizioni, infatti, sono stati sequestrati documenti e personal computer. Ai giudici, ne verrà chiesta la restituzione. L’operazione di Andrea Conticini finita sotto la lente d’ingrandimento dei pm Mione e Turco risalirebbe al 2011 – cioè quando Matteo Renzi era «soltanto» il sindaco di Firenze – ma l’appropriazione indebita a carico degli altri Conticini, secondo la ricostruzione dei magistrati, sarebbe proseguita fino al gennaio del 2015.