Martedì 23 Aprile 2024

Coca nell’auto della comandante Vendetta choc del vigile: arrestato

L’uomo non fu promosso perché lei diede parere negativo. Il pm: "Così lui ha cercato di incastrarla". Inchiesta nel Milanese, in cella anche il complice albanese che ha nascosto le dosi e fatto la soffiata

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di Nicola Palma

"E ricorda bene che io ho un jolly che tu ben sai... non tirare la corda... c’è un detto che dice ’morte mia morte tua’... non farmi fare il kamikaze". È l’ultimo messaggio che il vigile Salvatore Furci ha inviato in una chat condivisa con gli ormai ex colleghi di Corbetta alla comandante Lia Vismara, che l’aveva appena allontanato dal Corpo del Comune di 18mila abitanti nell’hinterland ovest di Milano "per il mancato superamento dei sei mesi di prova". Una minaccia che dà l’idea, secondo gli investigatori, del risentimento che Furci, un passato da agente dell’Antispaccio e un presente da comandante dei vigili di Trezzano sul Naviglio, aveva accumulato nei confronti di Vismara per via del licenziamento ("Una figura di m. con i miei due figli"); una "forma di ossessione" che coinvolgeva pure il sindaco della cittadina Marco Ballarini.

Stando a quanto ricostruito dalla polizia, il 43enne originario di Gioia Tauro, arrestato ieri mattina, si sarebbe vendicato il 3 gennaio 2020, facendo ritrovare nell’auto della donna 5 dosi di cocaina per un peso di 3,1 grammi. Quella sera, infatti, i carabinieri della tenenza di Bollate, informati da un presunto spacciatore di nome "Arjan" che si era lamentato al 112 di aver fornito la droga a una donna venendo ripagato con soldi falsi, avevano fermato l’auto di Vismara, reduce da una partita di pallavolo e da una cena al ristorante, trovandoci la droga. Sin dall’inizio, la comandante dei vigili, indagata a piede libero per detenzione di stupefacenti, aveva negato di aver mai acquistato la coca, sostenendo che qualcuno l’avesse messa di proposito dietro la spalliera del sedile del conducente. Quindici mesi dopo, quella versione è stata confermata dall’inchiesta degli agenti dell’Anticorruzione della Squadra mobile, coordinati dai pm della Dda Alessandra Dolci e Gianluca Prisco e guidati dal dirigente Marco Calì: l’accusa sostiene che Furci, con la complicità dell’albanese Mariglen Memushi (pure lui in cella) e della moglie Anna G. (per lei il gip Anna Magelli ha respinto la richiesta di domiciliari avanzata dalla procura), abbia raggiunto in macchina il luogo in cui era parcheggiata l’auto di Vismara e abbia nascosto (o fatto nascondere da Memushi) le cinque dosi di cocaina; non prima, però, che l’albanese, con la voce camuffata (ma attribuita a lui da una perizia fonica), chiamasse il 112 per riferire del presunto scambio coca-banconote fasulle e per dare ai militari la posizione del veicolo da perquisire.

Negli atti vengono descritti anche i comportamenti borderline di Furci (come l’episodio delle casse di vino probabilmente contenenti denaro caricate con Memushi su un pullman diretto in Albania) e "gli inquietanti tentativi di avvicinare alcuni suoi colleghi della polizia locale in servizio presso la procura di Milano" con l’obiettivo di ottenere informazioni riservate sui procedimenti che riguardavano lui e Vismara. Per il gip, il quarantatreenne ha evidenziato "un’allarmante pericolosità sociale, tenuto conto della disinvoltura con la quale ha utilizzato la propria qualifica per calunniare un altro pubblico ufficiale", mettendo in piedi "un articolo piano criminoso" iniziato già a metà dicembre 2019.