A Firenze si vive 4 anni in più che a Napoli. La classifica della longevità in Italia

A fare la differenza è anche l'istruzione

Aspettativa di vita e disuguaglianze (Germogli)

Aspettativa di vita e disuguaglianze (Germogli)

Roma, 19 febbraio 2018 - In Italia si vive più a lungo a seconda della regione di residenza e del proprio livello di istruzione. E' il dato che emerge dal rapporto dell'Osservatorio Nazionale della Salute nelle Regioni Italia. Le evidenze del rapporto ideato dal professor Walter Ricciardi parlano chiaro: l'aspettativa di vita media aumenta man mano che ci si sposta verso nord (salvo poche eccezioni) e per chi ha un livello di istruzione più alto. Ad avere un'aspettativa di vita più elevata sarebbero quindi i laureati delle regioni settentrionali, mentre a vivere mediamente di meno sono i cittadini del Sud con un livello di istruzione più basso.

A dominare la classifica territoriale della longevità sono le regioni del Nord-est, con una vita media di 81,2 anni per gli uomini e di 85,6 per le donne; decisamente inferirore il dato aggregato per il Mezzogiorno dove l'aspettativa di vita si attesta a 79,8 anni per gli uomini e 84,1 per le donne. Uniche eccezzioni virtuose in meridione sono Abruzzo e Puglia, che vantano un dato stabilmente al di sopra della media nazionale. Se si osserva poi la dimensione locale, il dato sulla sopravvivenza mette in luce il grande svantaggio delle province di Caserta e Napoli che hanno una speranza di vita di oltre 2 anni inferiore a quella media nazionale, seguono Caltanissetta e Siracusa, dove si osserva uno svantaggio di sopravvivenza sulla media di 1,6 e 1,4 anni rispettivamente. In testa alle classifiche di longevità troviamo invece le province di Firenze, con 84,1 anni di aspettativa di vita, 1,3 anni in più della media nazionale, seguite da Monza e Treviso con poco più di un anno di vantaggio su un italiano medio. Ciò significa, in sintesi, che il fiorentino medio vive in media quasi 4 anni di più di un suo connazionale napoletano.

 

IL PERCHE' DEL DIVARIO - Per quanto riguarda i livelli di istruzione invece, l'indagine spiega che non solo chi ha un titolo di studio più elevato vive in media di più rispetto ai meno istruiti, ma che all'aumentare del livello di istruzione corrisponde anche una migliore condizione di salute, poichè aumenta la possibilità di accesso ai servizi sanitari di prevenzione e diagnosi precoce delle patologie. Chi ha studiato meno, per contro, ha minori possibilità di usufruire dei servizi offerti dalla sanità pubblica poichè generalmente meno informato, più isolato socialmente e meno consapevole di rischi e opportunità. Basti pensare che nel nostro Paese, un cittadino può sperare di vivere in media 77 anni se ha un livello di istruzione basso e 82 anni se possiede almeno una laurea; tra le donne il divario è minore, ma pur sempre significativo: 83 anni per le meno istruite, circa 86 per le laureate. "I divari di salute sono particolarmente preoccupanti quando sono così legati allo status sociale" si legge sull'indagine, "poiché i fattori economici e culturali influenzano direttamente gli stili di vita e condizionano la salute delle future generazioni".

Duro il commento del direttore scientifico dell'Osservatorio Alessandro Solipaca, secondo cui "il Servizio sanitario nazionale oltre che tutelare la salute, nasce con l'obiettivo di superare gli squilibri territoriali nelle condizioni socio-sanitarie del Paese. Ma su questo fronte i dati testimoniano il sostanziale fallimento delle politiche. Troppe e troppo marcate le differenze regionali e sociali, sia per quanto riguarda l'aspettativa di vita sia per la presenza di malattie croniche".