Mercoledì 24 Aprile 2024

Cinque denunce andate a vuoto E il marito l’ha uccisa con la figlia

Gabriela si era opposta alla richiesta di archiviazione dei pm. Il legale: "Nessuno le ha creduto". Da mesi il killer non versava l’assegno di mantenimento, lei aveva paura delle armi nascoste in casa

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di Valentina Reggiani

Cinque denunce per maltrattamenti, minacce e stalking non sono bastate a convincere gli inquirenti della pericolosità del marito. Ma lei non si era arresa, proponendo opposizione alla richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura di Modena. Ieri la 47enne Gabriela Trandafir – uccisa lunedì in casa dal marito, che l’ha ammazzata insieme alla figlia Renata di 22 anni – non ha potuto partecipare all’udienza. Anche Salvatore Montefusco, l’imprenditore edile di 69 anni che ha confessato di aver premuto il grilletto del fucile, non c’era. Ma lui è vivo e si trova ora in carcere. Il destino ha voluto che sempre ieri, nella sezione civile del tribunale di Modena, fosse in calendario anche l’udienza di separazione dei coniugi.

Gabriela e Renata – trucidate a colpi di fucile nella villetta di famiglia a Castelfranco Emilia – avevano denunciato violenze psicologiche ed economiche continue e offese di ogni genere. "Decide tutto lui e se non obbediamo distrugge tutto ciò che ha attorno. Ci ha tagliato le gomme dell’auto". Le vittime indicavano poi la presenza di armi in casa. La 47enne era convinta che Salvatore le nascondesse a casa dell’ex moglie. Gabriela aveva chiesto che il figlio minore fosse collocato presso di lei e che potessero restare nella villetta, oltre agli assegni di mantenimento. Montefusco aveva chiesto esattamente la stessa cosa. "Da agosto dello scorso anno aveva smesso di versare il mantenimento alla mia assistita – sottolinea Annalisa Tironi, avvocato della 47enne –. Gabriela era avvilita, estenuata da questo rapporto di vessazioni quotidiane. Mi sono opposta alla richiesta di archiviazione chiedendo una prosecuzione di indagini: avevamo chiesto di sentire il figlio, gli assistenti sociali che seguivano la famiglia, di acquisire alcuni video".

Maltrattamenti di natura verbale, quelli denunciati dalla vittima, anche se l’avvocato Tironi, precisa che opponendosi all’archiviazione aveva evidenziato "che c’erano stati atteggiamenti ben più concreti" da parte dell’omicida reo confesso. Il duplice omicidio è avvenuto in quella casa nelle campagne di Castelfranco che il giorno dopo la tragedia emerge sempre più come uno dei motivi di forte contrasto nella coppia: l’uomo non voleva lasciare l’abitazione, quando, al contrario, l’avvio della separazione lasciava intravedere anche questo come possibile scenario. Una situazione che si trascinava da tempo e che con ogni probabilità è esplosa proprio a ridosso di una data cruciale, quella di ieri appunto, con le udienze, una penale e una civile, già fissate.

Altra figura a sua volta vittima del duplice omicidio è il figlio minorenne di Salvatore e Gabriela: era in casa quando l’uomo ha sparato alle due donne, ma il padre lo ha risparmiato. "La mia preoccupazione dal punto di vista legale è rivolta al loro figlio minorenne – conclude l’avvocato Tironi –. Lui è vittima di una tragedia gigante". "Purtroppo – sostiene il coordinamento dei centri anti-violenza dell’Emilia Romagna – le donne che denunciano violenza spesso non vengono credute. Le donne non mentono. Lo dimostra la lunga scia di sangue, ininterrotta; il sangue delle donne uccise, da mariti, ex mariti, conviventi, ex conviventi. Una donna uccisa ogni settantadue ore, in media. Urge un cambiamento culturale: forze dell’ordine e la magistratura si interroghino sulle modalità del loro intervento".