Martedì 23 Aprile 2024

Cinque anni di MeToo: luci e ombre E Weinstein ritorna alla sbarra

Il re dei produttori di Hollywood già condannato a 23 anni per abusi sessuali. Le accuse di oltre 90 donne. Ma il movimento anti molestie ha subito un colpo d’immagine dopo il caso Depp-Heard

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di Giampaolo Pioli

 

Ha appena 70 anni, ma ne dimostra più di ottanta. Era tra gli uomini più ricchi e potenti di Hollywood, padrone della Miramax, e adesso è in carcere dal 2020 in pessima salute fisica, continua a perdere i denti, e deve scontare una pena a 23 anni di carcere per stupro e molestie sessuali, condanna emessa da un tribunale di New York. Ma per Harvey Weinstein, il primo bersaglio illustre del movimento #MeToo, i giorni bui non sono affatto finiti. Oggi a Los Angeles si apre un nuovo e secondo processo contro di lui per gli stessi reati di violenza e stupro e a denunciarlo sono altre cinque donne per atti commessi tra il 2003 e il 2014. Se Weinstein vincesse in appello a Manhattan potrebbe rimanere comunque in carcere a vita se venisse condannato a Los Angeles, ma le corti californiane, notoriamente tra le più severe sui reati sessuali, sono anche famose per usare il guanto di velluto con le star e i potenti del cinema e Weinstein è stato per decenni uno di quelli.

Il processo inizia con la scelta della giuria e cade esattamente a 5 anni dalla nascita del movimento #MeToo che ha visto in prima fila come attiviste molte delle star di Hollywood a partire da Angelina Jolie, Ashley Judd, Mira Sorvino e Asia Argento. Ma il movimento ha subito anche un duro colpo d’immagine col processo intentato contro Johnny Depp che ha visto la ex moglie Amber Heard condannata a pagare un risarcimento di oltre 10 milioni di dollari per diffamazione, perché la giuria non ha creduto alle sue accuse di violenza domestica. Contemporaneamente anche l’intero movimento Time’s Up, strutturato in funzione anti-molestie, è di fatto imploso per essersi fatto carico anche di cause deboli e poco dimostrabili in tribunale, che ne hanno prosciugato i fondi.

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Ma l’onda del #MeToo un segno profondo e intimorente lo ha lasciato anche nel linguaggio tra uomo e donna, alzando l’asticella del politicamente corretto. Weinstein – come Bill Cosby e in questi giorni anche James Franco – si trova ad affrontare un processo basato sull’accusa di 5 donne, mentre in Inghilterra è Kevin Spacey a dover rispondere degli stessi reati di violenza sessuale nei confronti di alcuni ragazzi.

Il numero delle denunce in questi ultimi mesi sia in campo femminile che maschile però è calato. Molte denunce sebbene senza prescrizione si riferiscono a episodi avvenuti decine di anni fa. Non per questo meno gravi, ma certamente più difficili da ricostruire con precisione e nei dettagli davanti a un tribunale. Weinstein nonostante la pena pesantissima e la condanna irrobustita da deposizioni dal vivo, si è sempre dichiarato innocente.

Non ha mai negato gli incontri sessuali incriminati, ma ha sempre parlato di consensualità delle donne che invece hanno detto in corte di essersi trovate manipolate prese con la forza e minacciate. Per questo il processo di Los Angeles potrebbe portare a una nuova svolta. Seppellire per sempre in carcere l’ex boss della Miramax o offuscare ancora di più il movimento #MeToo che dopo aver sollevato giustamente un problema da anni sottopelle, sembra avviato a una sorta di crepuscolo anche nei confronti dell’opinione americana e non viene più usato come un’arma politicamente corretta nemmeno alla vigilia delle delicatissime elezioni di medio termine di novembre.