Giovedì 25 Aprile 2024

Cinema e politica La Marcia su Roma con Meloni e Bolsonaro Il film della polemica

Il docufilm dell’irlandese Mark Cousins tira in ballo la leader di Fratelli d’Italia. Il politologo Orsina: "Stucchevole trovata di marketing, la scelta vale zero". Insorge il centrodestra. Mollicone: subito un’interrogazione, lesa la par condicio

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di Giovanni Rossi

"Il linguaggio di Giorgia Meloni è da XI secolo". "Perché il Festival si trasforma in improprio strumento di propaganda?". La campagna elettorale sbarca a Venezia. Alla Mostra del cinema la faccia della leader di Fratelli d’Italia sbuca dal grande schermo assieme a quelle di Vladimir Putin e Jair Bolsonaro, presidenti di Russia e Brasile con fama annerita dalla cronaca. E la critica approva. Al docufilm Marcia su Roma, evento speciale fuori concorso in apertura delle Giornate degli autori, il regista irlandese Mark Cousins (anche voce narrante sulle immagini dell’Istituto Luce) strappa un minuto di applausi al pubblico della sala Perla. Impresa non titanica dopo il Bella Ciao intonato da Alba Rohrwacher che nella pellicola interpreta Anna, donna di umili origini dapprima convinta sostenitrice del regime e poi critica e disillusa. Il docufilm, che nasce da una lettura filologica di A noi (girato nel 1923 da Umberto Paradisi come documento ufficiale del Partito Fascista), scatena ovvie polemiche. L’immagine di Giorgia Meloni nel contesto indagato – un viaggio tra "inganni e fake news" che spianarono la strada a Mussolini – inevitabilmente risalta. "Da sempre abbiamo sostenuto Venezia come eccellenza nazionale e continueremo a farlo – dichiara Federico Mollicone, responsabile Cultura di Fratelli d’Italia –. Però, pur rispettando la sua autonomia e indipendenza, crediamo che le immagini di Giorgia Meloni alterino la par condicio della campagna elettorale e per questa ragione presenteremo un’interrogazione al ministro Franceschini. Lascia l’amaro in bocca che questa importante kermesse venga utilizzata come improprio strumento di propaganda".

Il 56enne Mark Cousins respinge ogni accusa: "Ho scelto di presentare adesso questo film perché quest’anno ricorre il centenario della Marcia su Roma, ma anche per una ragione più globale". La spiega in due punti. Uno: "Oggi ci sono molti più governi di destra di quanti io non ne ricordi in tutta la mia vita. Ungheria, Polonia, India, Brasile, l’America con Trump e adesso anche in Italia il pendolo sta oscillando verso destra. Questa è una condizione molto pericolosa". Due: "I governi di destra tendono ad essere divisivi, e questo la gente lo deve capire". Cousins inquadra così la favorita delle prossime elezioni – leader dei conservatori europei, atlantista e pro Ucraina: "So che ha detto di non essere fascista, e magari non è come Mussolini, ma il linguaggio che usa è molto pericoloso". Demolisce il Meloni pensiero: "II modo in cui ha parlato al comizio di Vox, in Spagna, dicendo “no al mondo Lgbt, sì all’universalità della Croce“ è simile a quello delle crociate dell’undicesimo secolo e mette in difficoltà le minoranze". Respinge l’idea di pregiudizi personali: "Tanti politici di estrema destra o sinistra sono arrivati al potere attraverso elezioni. La domanda è: quali storie raccontano e come le usano per manipolare la realtà".

"Cosa c’entrano Meloni, Putin, Bolsonaro o magari anche Trump con la Marcia su Roma? – si chiede il politologo Giovanni Orsina – L’immagine di Giorgia Meloni in un docufilm storico è una mera trovata di marketing per lanciare il prodotto. Una scelta stucchevole che intellettualmente vale meno di zero". E Guido Crosetto, figura chiave dell’inner circle meloniano, contrattacca con durezza: "Sul piano elettorale il docufilm sul 1922 non sposta un voto. Per fortuna, la gente ha motivi molto più seri per decidere chi debba rappresentarla. Anche per questo, è una cosa disgustosa, pericolosa e inaccettabile continuare a individuare in Giorgia Meloni l’epigono di una ideologia novecentesca dalla quale la separano anagrafe, storia personale e visione politica. Un incitamento all’odio e alla violenza per i tanti pazzi di questo Paese. È questo il vero fatto grave sul quale nessuno riflette. Falsità e delegittimazioni aumentano i rischi, sarebbe meglio pensarci".