Mercoledì 24 Aprile 2024

Cina, Germania e grandi banche Tutti gli occhi puntati su Atlantia

Il colosso delle infrastrutture tiene con il fiato sospeso azionisti e creditori, da Allianz a Santander

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La partita sul futuro di Atlantia non si gioca solo in Italia. Anzi. L’impero costruito da Benetton si estende dalla Spagna alla Patagonia. Ma, soprattutto, sul primo gruppo mondiale sul fronte delle concessioni hanno puntato non solo piccoli risparmiatori ma anche grandi investitori internazionali. Con il risultato che attorno al colosso di Treviso si sta intrecciando un fitto scambio di relazioni diplomatiche ai massimi livelli. Il segnale più evidente c’è stato lunedì, al vertice bilaterale fra Angela Merkel e Conte. Scambi di battute, sorrisetti, metafore tutte costruite su ponti e autostrade pur parlando di fondi europei e dintorni.

La cancelliera, a un certo punto, ha tradito il suo interesse: "Sono proprio curiosa di sapere come andrà a finire". Gli inevitabili rumors del dopo vertice hanno sussurrato di un dialogo preoccupato da parte di Merkel sul destino di Atlantia dove è presente, con una quota del 7%, il gruppo Allianz insieme ad altri partner. Ieri sono anche girate voci di pressioni sulla cancelliera da parte della Confindustria tedesca. E c’è anche chi si è spinto a creare una relazione fra la trattativa sui Recovery fund e il salvataggio del gruppo di Ponzano Veneto. Congetture e ipotesi che comunque tradiscono le preoccupazioni delle istituzioni internazionali.

L’allarme è arrivato anche a Pechino. Il fondo statale Silk Road possiede una quota vicina al 5%. Senza concessioni, perderebbe di valore. L’ambasciatore italiano è stato chiamato a rapporto dal governo cinese per fornire delucidazioni. Ma i mercati finanziari seguono tutti con il fiato sospeso le vicende di Atlantia. Molti dei 14 miliardi di debiti nella pancia della società fanno capo alle principali banche europee, dagli spagnoli del Banco Santander ai francesi di Bnp-Paribas, da Unicredit e Intesa a Barclays Bank e Credite Agricole fino ai belgi della Societè Générale. Un eventuale crac rischierebbe di appesantire ulteriormente i bilanci degli istituti che già devono far fronte agli effetti della crisi. Senza contare i 4,5 miliardi di lavori già commissionati in mezza Europa.

Un’eventuale revoca della concessione, inoltre, potrebbe portare dritto al default di Atlantia e, quindi, all’impossibilità per la società di fare fronte ai debiti con i fornitori. Con effetti a cascata anche sulle altre società infrastrutturali che fanno capo alla famiglia Benetton e che vanno molto oltre la quota dell’88% di Aspi. A queste azioni va infatti sommato il 50% del pacchetto degli spagnoli di Abertis e il 100% di Autostrade dell’Atlantico. Una rete di 14mila chilometri di autostrade concentrate non solo in Italia ma anche in Francia, Spagna, Brasile e Cile.

Antonio Troise