Sabato 20 Aprile 2024

"Ciao Sinisa, campione di coraggio" Il ct Mancini porta la bara dell’amico

Roma, in migliaia al funerale dell’allenatore ucciso dalla leucemia. Il tecnico della Nazionale: "Perdo un fratello"

Migration

dall’inviato

Gianmarco Marchini

Dentro la chiesa, solo posti in piedi. E, a un certo punto, nemmeno quelli. Due amici, foto dei figli sullo sfondo del telefonino, la sciarpa laziale indossata con moderazione, parlano sottovoce. "Tu fino a che ora hai preso permesso da lavoro?", chiede uno. "A oltranza", risponde l’altro. È il manifesto di una Roma che ieri si è fermata per l’ultimo saluto a Mihajlovic. Ieri tutto veniva dopo: era il giorno di Sinisa. Dentro e fuori la basilica Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, regna il silenzio.

Arianna, la moglie di Sinisa, guida la famiglia alla prima fila del sagrato: i cinque figli, la suocera Viktorjia e il cognato Drazen. Dispensa coraggio a tutti quelli che le si avvicinano. Del resto, lui l’aveva detto: "Arianna è l’unica persona con più palle di me". E, allora, eccola consolare lei gli altri: lungo l’abbraccio con Gianni Morandi, lunghissimo quello con Francesco Totti, rientrato apposta da Doha. Poi arriva Dejan Stankovic, fratello di sangue serbo, uno dei più provati. Intanto tutto il Bologna prende posto, capeggiato dal presidente Joey Saputo, arrivato dal Canada, e Marco Di Vaio. Bologna è stato uno dei capitoli più intensi, perché qui Mihajlovic ha scoperto la leucemia, ma anche il grande amore della gente per lui.

Poco dopo, ecco l’altra metà del cielo di Sinisa, quella biancoceleste. Il patron della Lazio, Lotito, il capitano Immobile, la stella Milinkovic-Savic e tutti gli altri. Ma tutti, tutti: sì, c’è pure la bellissima aquila Olimpia, simbolo e mascotte del club. Dall’album dei ricordi, affiorano Peruzzi, Marchegiani, Negro, Fiore, Favalli, Lombardo. E ancora: De Rossi, Gigio Donnarumma, Franco Baresi. C’è un pezzo della Stella Rossa di Belgrado, il primo amore. Non mancano le istituzioni, dal presidente del Coni, Giovanni Malagò, al numero uno della Figc, Gravina. Si alternano tutti in una processione di rispetto verso la famiglia. Solo uno rimane immobile, come pietrificato: è il ct Roberto Mancini, legato a ‘Sini’ da un’amicizia trentennale. "Una vita insieme, perdo un fratello", dirà poi. Resta lì, alla sinistra della famiglia Mihajlovic, a due passi dal feretro, ad ascoltare le parole dell’arcivescovo di Bologna, Matteo Maria Zuppi. È un’omelia toccante e intima, quella del presidente della Cei, celebrata con la partecipazione di una rappresentanza della chiesa ortodossa. "Sinisa non scappava, non l’ha fatto mai, nemmeno di fronte alla malattia". E per spiegare "la fragilità dolce del guerriero" tira fuori un dettaglio personalissimo: "Poche ore prima di entrare per l’ultima volta in ospedale, Arianna mi ha raccontato che Sinisa giocava con la nipotina Violante e le ha detto: mi sento felice", rivela Zuppi. Intanto la piccola, incurante e inconsapevole, rumoreggia dentro la chiesa. Una tata la porta via, mentre lei fa ‘ciao ciao’ a tutti con la manina. Fotografia di un funerale dove amore e affetti sovrastano la morte. È questa la grande ricchezza lasciata da Mihajlovic ai suoi cari e a chi gli ha voluto bene.

Un delegato del governo serbo apre gli interventi con parole di un’ammirazione solenne. "È nostro ed è vostro", dice. Passaggio che colpisce lo stesso Zuppi, perché dà la dimensione di quanto sia stato trasversale l’impatto emotivo di Sinisa. Più delle parole, lo spiega bene il filo di voce con cui si esprime l’ex pugile Vincenzo Cantatore: "È stato un guerriero, onoratelo come merita". E all’uscita del feretro, lo prendono in parola. Mentre Mancini, Stankovic, lo stesso Cantatore e i rossoblù Arnautovic, Soriano e De Silvestri sorreggono il feretro con braccia forti e occhi lucidi, i duemila appostati fuori fanno piovere applausi. Si accende un fumogeno azzurro in piazza della Repubblica e parte un coro tanto caro a Mihajlovic: "E se tira Sinisa, è gol". E all’ultimo tiro, ieri ha segnato ancora.