Ci si riammala di Covid? "Solo due casi al mondo"

L’infettivologo Galli: la seconda infezione è più mite o non dà sintomi. Resta lo scudo dell’immunità. "Va solo accertato quanto a lungo può durare"

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"Molti mi chiedono se è possibile riammalarsi di Covid-19. Ebbene, sono solo due i casi provati al mondo, in cui la seconda infezione è stata però mite o asintomatica". Così Massimo Galli, primario universitario a Milano e past president della Società italiana malattie infettive (Simit) spazza via i dubbi rispondendo a quanti dicono di temere che, anche una volta superata l’infezione da Sars-Cov-2, questa potrebbe ripresentarsi.

Professor Galli, un secondo contagio, una eventualità rarissima, ma come è possibile?

"In entrambi i casi riportati, il ceppo virale era talmente diverso dal precedente, al punto che possiamo escludere che si tratti di un’infezione unica, persistente nel tempo. In altri termini voglio dire che, dal punto di vista dell’epidemia, mi sembra irrilevante ipotizzare una possibile eventuale nuova malattia".

E nei casi in cui si è ripresentata, questa infezione come evolve?

"Abbiamo visto che, se anche dovesse succedere una reinfezione, la nuova malattia è molto blanda. Per quel che riguarda i convalescenti guariti, il concetto di fondo è che anche quando gli anticorpi dovessero sparire, non è detto che la persona non abbia conservato un certo grado di immunità".

Quindi lo scudo rimane, tranne casi rari come mosche bianche.

"Ovviamente dobbiamo capire come funziona, e quanto a lungo può durare la protezione naturale costituita dalle difese del nostro organismo, ma si può escludere che il Coronavirus si ripresenti più aggressivo nella stessa persona che lo ha già passato".

Lei è intervenuto a proposito del Remdesivir, l’antivirale che era stato somministrato al presidente Trump nei giorni della degenza lampo, ora una indagine anticipata dall’Oms mostra scetticismo sulla sua utilità.

"Abbiamo uno studio open label, Solidarity, in cui tutti e quattro i bracci sono falliti. Qui i dati dicono che Remdesivir non riduce significativamente il rischio di morte nei Covid-19. Però avevamo avuto anche uno studio nel NIH americano, controllato e randomizzato, che ha dimostrato che Remdesivir è superiore rispetto al placebo nel rendere più rapido il recupero clinico. Insomma, c’è ancora tanta ricerca da fare, una vera cura risolutiva per Sars-Cov-2 ancora manca".

A proposito di ricerca, al congresso della Società italiana di urologia, vedendo che gli uomini sono più colpiti dal Coronavirus rispetto alle donne, hanno ipotizzato che una maggiore suscettibilità possa dipendere da elevati livelli di ormoni sessuali maschili. Lei che ne pensa?

"Mi sembra una affermazione quantomeno prematura, e che richiede ulteriori approfondimenti".