Giovedì 18 Aprile 2024

Ci giocavamo da bambini Che nostalgia

Migration

Andrea

Fiori

iochiamo a chi ride per ultimo?". Ce lo siamo detti mille volte, da bambini. Negli anni Settanta i pomeriggi estivi volavano in un lampo, scanditi da frasi che oggi suonano quasi incomprensibili, come "bim bum bam" o "tocca a te".

Dopo i dribbling alla Johan Cruijff, il tiro a bersaglio con cerbottana e proiettili di fango, le sparatorie con le pistole ad acqua e una sfida sull’autopista elettrica, al volante della Tyrrell a sei ruote, bisognava pur prendere fiato. Perciò all’arrivo delle sorelline dei nostri amici cercavamo di ricomporci e di coinvolgerle, con garbo cavalleresco, in passatempi meno teppistici, ignari di avere le gengive ancora incrostate di terra, i lividi sulle ginocchia, sudati e imbruttiti come cosacchi. "Giochiamo a chi ride per ultimo?", sorridevamo, con una bocca che sembrava la tastiera di un pianoforte.

Tra i più inflazionati l’elastico, nascondino, la settimana. Nelle occasioni speciali, "a tempo di musica": quando finiva il brano si volava su una delle sedie – disposte in numero inferiore ai giocatori – e l’ultimo restava in piedi, lì impalato.

Sembra passato un secolo. Poi scopri che "giochiamo a chi ride per ultimo" oggi è un programma di successo, anzi un "format"; che si parla più che mai di F1 elettriche e che il presidente della Turchia – Paese che tradizionalmente non ama certe comodità – si diverte ancora a far sparire le sedie. Chissà che – passato questo orribile periodo – anche i bambini di oggi non tornino davvero bambini: spengano ogni tanto la tv, che scimmiotta i giochi di nonni e genitori, e provino a giocare – giù in cortile – a chi ride per ultimo.