Bologna, chi non ha difeso Alessandra? Sms e imboscate. Lei lo denuncia, lui la massacra

Alessandra Matteuzzi è stata uccisa a martellate dall’ex compagno. Un mese fa l’accusa di stalking. Mancava ancora la misura restrittiva

Delirava di amori traditi, persone false e ricordi da lasciare a chi lo aveva conosciuto Giovanni Padovani, mentre correva in A14 diretto a Bologna. Li raccontava in una storia su Facebook, presagio di morte. Ma non la sua. Quella che stava preparando alla sua ex, consumata in un agguato sotto casa di lei, finito tra sangue e urla strazianti. Aveva un martello Padovani, 26 anni, calciatore mai decollato e modello di seconda fascia. Con quello ha colpito a morte, nel porticato sotto casa in via dell’Arcoveggio a Bologna la ex, Alessandra Matteuzzi, 56 anni. L’aspettava da ore, i vicini lo avevano visto già intorno alle 19 aggirarsi nel cortile. E quando ’Sandra’ è arrivata, l’ha colpita alla testa. A nulla è valso l’intervento di un ragazzo e di suo padre, che hanno bloccato Padovani in attesa che arrivasse la polizia. Sandra è morta mentre l’ambulanza la portava all’ospedale Maggiore.

Nella combo Alessandra Matteuzzi e Giovanni Padovani, Bologna
Nella combo Alessandra Matteuzzi e Giovanni Padovani, Bologna

I vicini sapevano di quel ragazzo molesto. Per questo alle grida sono accorsi subito. Sandra aveva chiesto loro aiuto. Lo aveva chiesto anche ai carabinieri, a cui aveva sporto denuncia lo scorso 29 luglio, parlando però solo di messaggi ossessivi e di appostamenti, mai di violenze. Lui, già il primo agosto, era stato così iscritto nel registro degli indagati per atti persecutori, mentre i carabinieri svolgevano le indagini. L’informativa era quasi chiusa. Ma il tempo non è bastato. Ora il 26enne, difeso dall’avvocato Enrico Buono, è alla Dozza, in arresto per omicidio aggravato dallo stalking (non dalla premeditazione). Quando la polizia è arrivata, ha subito confessato. Ai poliziotti ha detto che non si erano lasciati, si vedevano poco solo perché lontani. E che il 22 erano stati insieme, come due innamorati. Invece, il 22 lui era salito a casa di lei. Siccome la donna non lo faceva entrare, aveva staccato la luce, per costringerla a uscire per riattaccare il contatore. E l’aveva inseguite per le scale. "Sandra mi aveva chiesto aiuto. Aveva voluto il mio numero. ‘Se lui torna ti chiamo, così mi dai una mano’, mi aveva detto. Martedì sera non c’ero. Non ho fatto in tempo a salvarla", racconta Yacoub Tahri, vicino di casa della vittima. In via dell’Arcoveggio, dove la donna è stata massacrata, è rimasta una macchia rossa a terra: "La panchina l’ha portata via la Scientifica, era intrisa di sangue", dice la signora Tina. Oggi il pm Domenico Ambrosino conferirà l’autopsia.

Questo ennesimo femminicidio ha scosso Bologna e rimesso al centro del dibattito l’importanza di misure severe per prevenirli. "Servono i braccialetti elettronici, già previsti dal Codice rosso – interviene l’avvocato Rossella Mariuz, vice presidente Udi –. Le procure non sempre li richiedono e i giudici spesso non li concedono. Perché la verità è che questi reati ancora non sono considerati con il giusto perso. Perché per un indagato per fatti di mafia questa misura non fatica a essere disposta e per uno stalker no?"