Cheney umiliata alle primarie Esulta Trump

Cesare

De Carlo

Ancora una volta nel bene e nel male, nel male soprattutto, la famiglia Cheney determina il corso della politica americana. Martedì nelle primarie repubblicane Liz Cheney è stata sconfitta. Evento storico. Il Wyoming, grande quanto metà della Francia, due milioni di abitanti, è per i Cheney quel che il Massachusetts è per i Kennedy e il Texas per i Bush. Un esclusivo feudo elettorale. La sconfitta è figlia d’arte. Il padre è Dick, ex vicepresidente degli Stati Uniti. Un falco. La figlia una colomba. La quale un anno fa accettò di entrare nella Commissione parlamentare che fa il processo a Donald Trump per l’assalto al Congresso. Senza di lei la commissione non avrebbe potuto vendere la finzione del bipartisanship. Di questa finzione si nutre l’odio dell’ex presidente. In Wyoming ha appoggiato l’avversaria di Liz Cheney, una sconosciuta, che ha vinto con 40 punti di vantaggio. Sonora umiliazione contro sonora vendetta. Ora l’ex presidente si ritrova rilanciato nella corsa per una seconda nomination.

Contenti i repubblicani? Niente affatto. Trump è un personaggio erratico e divisivo, forse l’unico contro il quale persino il frastornato Joe Biden potrebbe rivincere. E invece l’establishment repubblicano vorrebbe voltare pagina. Senza Trump – dicono i sondaggi – vittoria a mani basse sia nelle elezioni di medio termine a novembre sia in quelle presidenziali del 2024. Astro nascente il governatore della Florida, l’italo-americano Ron DeSantis. Per la storia, Dick Cheney è colui che volle la guerra in Iraq. Un disastro. È anche colui che in Afghanistan appoggiò la sconfessata strategia dell’escalation. Altro disastro. Il generale Petraeus limitò le conseguenze dei due conflitti concepiti male e condotti peggio. Più o meno come il generale Ulysses Grant, quando rovesciò in favore dell’Unione la guerra civile del 1861-1865. Poi arrivò Biden. La fuga notturna da Kabul compie un anno. ([email protected])