Mercoledì 24 Aprile 2024

Che vita amara senza i gruppi e le notifiche

Giorgio

Triani

O aggiorni sistema operativo o cambi smartphone. Dal 1 gennaio, termine ultimo 8 febbraio, WhatsApp (WA) non supporterà le versioni più vecchie di Android e IPhone. Naturalmente il modo di sottrarsi a questo diktat, associato all’obbligo di condividere i dati personali (contatti e numero di cell) con Facebook, c’è. Cambiare app. Come stanno facendo molti. Telegram ha annunciato il 13 gennaio l’acquisizione in tre giorni di oltre 25 milioni di nuovi utenti. Signal, raccomandata dalla UE per le comunicazioni interne, è stato scaricata da 7,5 milioni di utenti in un giorno. WA resta però un gigante planetario, con relativi rischi di abuso di posizione dominante.

A maggio 2020 WA aveva più di 2 miliardi di utilizzatori, cresciuti del 40% in pochi mesi per effetto di isolamento sociale causato da covid 19. Erano 400 milioni nel 2014, quando Facebook la comprò.

Ma questa ascesa clamorosa ha un lato oscuro, segnalato da William Davies su The Guardian ( 2 luglio 2020): essere diventato il social più attivo nella diffusione pandemica di fake news, audio clip false, teorie complottiste. Ciò in forza dell’impressione offerta agli utenti di una comunicazione privata e informale, che è peraltro il fattore principale del successo di WA. Ossia la convinzione che si possa parlare liberamente. Perché i gruppi sono chiusi e i suoi membri convinti che quel che si dice resta lì. Soprattutto quando sono pettegolezzi, malignità. Pensieri sgangherati, ma appartenenti alla quotidianità di tutti.

Riuscite a immaginare le nostre esistenze senza gruppo WA scuola o colleghi di lavoro o compagnia d’amici o di fede (politica o religiosa)? Impossibile. Perché il continuo ronzio di notifiche e messaggi in arrivo ci assicura che qualcuno ci cerca, ci pensa. Senza bisogno di parlarsi, di vedersi. Un messaggio, magari espresso con un faccino, basta e avanza. Perché ci piaccia o meno oggi si esiste (solo) se si è connessi.