Che cosa saremmo senza Natale

Il 25 dicembre del 1914, sul fronte occidentale della Grande Guerra, i soldati francesi, britannici e tedeschi fecero scattare il cessate il fuoco. Nessuno diede l’ordine. Nessuna disposizione arrivò dagli alti comandi, né da re Giorgio V né dagli imperatori Guglielmo II e Francesco Giuseppe, né dal governo francese. L’ordine arrivò dai cuori dei poveri soldati, dal loro sentirsi - innanzitutto - uomini: e quindi fratelli. Uscirono dalle trincee, brindarono insieme, improvvisarono perfino una partita di calcio. Il giorno dopo, l’inutile strage riprese il suo corso. Ma quella tregua - spontanea, ribelle - è lì scolpita nella storia per ricordare sempre a tutti che cos’è il Natale. A tutti.

Della ’tregua di Natale’ non c’è traccia nei libri di storia, e chissà perché. È tuttavia un fatto reale, tramandato dai nonni ai nipoti per generazioni. L’inglese Mike Harding gli dedicò una canzone, ’Christmas 1914’; il regista francese Christian Carion un film, ’Joyeux Noël’.

Sono anni che il nostro povero occidente che non crede più a nulla cerca di abolire il Natale, o meglio di nasconderlo, di camuffarlo, di cambiargli nome, di farlo diventare una ’festa d’inverno’. "Per non offendere i credenti nelle altre religioni", vien detto, ma è un’ipocrisia perché i credenti nelle altre religioni non s’offendono affatto se festeggiamo il Natale. Ed è anche una fesseria perché il Natale conserva una sua forza, una sua misteriosa dolcezza anche in chi cristiano non è, o lo è tiepidamente, pieno di dubbi come poi – in realtà – siam pieni tutti noi.

E quest’anno che il Natale vien forse abolito per decreto, per pandemia, per lockdown, per distanziamento, ecco, quest’anno forse gli antipatizzanti del Natale avranno qualcosa da festeggiare: ma non il popolo, non la maggioranza di tutti noi, cristiani agnostici e magari anche atei, ma orfani di qualcosa che ci mancherà. E non c’è niente di più triste nel dire che forse insomma, è meglio così, si torna alla dimensione spirituale e basta spese pazze, abbuffate a tavola, insomma consumismo. "Ciascuno preghi da solo, in cuor suo", ci raccomandano, e va bene dobbiamo evitare il contagio, per carità. Ma non diteci che il Natale sarà più bello così, più "puro e più spirituale". Siamo fatti di carne, il cristianesimo stesso è incarnazione, e come i soldati francesi britannici e tedeschi abbiamo bisogno di uscire dalle trincee, abbracciarci, brindare insieme e giocare una partita di pallone. E non raccontateci balle su quanto è cristiano il Natale povero: perché senza acquisti, senza compere natalizie, diventeranno poveri in tanti, e non è questo che voleva Nostro Signore quando venne fra noi. Sarà anche inevitabile, il Natale a distanza: ma almeno non diteci che così sarà più Natale.