Giovedì 18 Aprile 2024

Chat degli indagati, caos e veleni "Scemenza del secolo il test a tutti" E Speranza: ci mandate a sbattere

Ranieri Guerra (ex Oms) bocciava i tamponi. Ora il legale di Fontana: il pm diffidi Crisanti dall’andare in tv

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di Francesco Donadoni

"Come una guerra mondiale". La metafora del disastro Covid sull’Italia – non originale, ma efficace – rimbalza di telefonino in telefonino. Politici, grandi burocrati di Stato, semplici funzionari, a febbraio 2020 non riescono a raccontare la pandemia con altre parole. E nelle chat allegate alle migliaia di pagine di inchiesta bergamasca sul disastro della mancata zona rossa in Val Seriana c’è il senso dello sbigottimento, dell’incredula indecisione di chi deve consigliare e scegliere. Di guerra parla Giuseppe Ruocco, allora segretario generale del ministero della Salute: "Sta succedendo di tutto, pareri del comitato difformi da Conte e ministro, gente richiamata, la guerra mondiale". Stessa linea per l’assessore lombardo al Welfare Giulio Gallera: "Siamo come gli italiani in Russia, con le scarpe di cartone". E nel campo del paragone bellico, quell’aria di rotta, il vago sentore di Otto Settembre che talora aleggia nei corridoi romani, che lesinano anche sui soldi. "Così ci mandate a sbattere", scrive l’ex ministro della Salute Roberto Speranza al presidente dell’Istituto superiore di sanità, Silvio Brusaferro. È il 4 marzo. Discutono sull’ipotesi della serrata totale. Il premier Conte – ancora Ruocco – si aggira ripetendo solo "che guaio, che guaio".

Anche l’Europa è nel pallone e i magazzini sono vuoti: "Mancano le maschere, Conte ci fa cambiare le misure per la prossima settimana mano a mano che sentono le regioni; ci chiedono di ipotizzare ospedali da campo e attrezzature relative", sempre Ruocco. I soldati, del resto, armi non ne hanno. E i ragionieri del ministero guardano i conti, scuotono la testa e già cominciano a chiudere i cordoni della borsa. Perché nella decisione sull’eventuale lockdown, non solo in Val Seriana, si deve guardare alla cassa, apocalisse o meno. "Il Mef – di nuovo Ruocco – già sta ripensando ai soldi che ci ha dato, hanno minacciato che domani non approvano Dpcm a copertura delle ordinanze fatte dal nostro", ossia di Speranza. Già dalla metà di febbraio c’era il problema degli approvvigionamenti e dei medici: "Vogliono per forza farmi comprare prodotti sanitari per tutta l’Italia – scrive Ruocco il 15 febbraio –. Gli acquisti devono essere giustificati e proporzionati comunque". E ancora: "volevano 150 medici, ne ho presi 77, sono milioni". La Corte dei Conti vigila, ma l’italica scappatoia c’è sempre: "Poi c’è la parolina magica ‘altre spese strettamente connesse’ dove ognuno si infila". E qualcuno prova a far la cresta: "Furbacchioni, ieri ho detto a qualcuno che non ho le renne parcheggiate davanti casa". Babbo Natale non abita qui, insomma. Ma il Covid è anche una guerra di comunicazione. All’interno e all’estero. È il ministro Speranza a far notare a Brusaferro: "Dovremmo sfruttare la ricerca che afferma che il primo caso è stato in Germania. Aiuterebbe immagine Italia". Resta, però, forte la paura. "I funerali blocchiamoli in tutta Italia che sono pericolosissimi", di nuovo Speranza. Anche gli esperti si contraddicono, litigano. "Fare tamponi a tutti adesso è la cazzata del secolo", scrive, ancora via chat, Raniero Guerra, all’epoca direttore vicario dell’Oms, a Brusaferro. È il 15 marzo quando il virus accelera. Qualche ora dopo, Guerra aggiunge: "Ho parlato con Galli (Massimo, infettivologo, ndr) e gli ho detto di desistere dal proporre scemenze come tamponi per tutti...".

A Roma si litiga, in provincia si muore. A inchiesta chiusa, la polemica prosegue. Prima sulle carte poi sullo schermo. L’ex consulente della procura ora senatore Pd Andrea Crisanti che firma la relazione in cui stima 4mila morti di troppo è in diretta da Lucia Annunziata su Rai3: "Dire ‘siamo tutti assolti e va tutto bene’ significa aprire la strada per riproporre una situazione di impreparazione". "Io consigliai di chiudere la Lombardia, ma con la relazione non c’entra". Intervento che scatena l’ira degli indagati: "La procura di Bergamo – attacca Jacopo Pensa, legale del governatore lombardo Attilio Fontana – ha il dovere di diffidare il proprio consulente, che si autodefinisce perito, da tali insistenti apparizioni".