Cessate il fuoco, ci prova anche Erdogan Ma lo zar tira dritto: "Devono arrendersi"

La Turchia si è offerta di ospitare i colloqui di pace. Oggi riprendono i negoziati in località segreta, però si continua a sparare

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di Giovanni Rossi

Si vedono. Si telefonano. Parlano. Ma senza stoppare il conflitto. I leader internazionali in missione diplomatica non scalfiscono Vladimir Putin. E il timer dell’invasione russa in Ucraina resta in mano al Cremlino. Lo zar contrattacca. La mancata evacuazione di Mariupol? Responsabilità degli ucraini. Le centrali nucleari? Protezione dai sabotaggi e pieno rispetto della normativa Aiea. L’ecatombe di civili? Non li stiamo prendendo di mira. E via così. Sino al nuovo aut aut a Kiev: "La Russia chiede un approccio più costruttivo ai negoziatori ucraini tenendo conto della realtà sul terreno". Notizia dell’ultima ora: l’Ucraina sarebbe pronta a discutere "modelli non-Nato" per il futuro. Questo ha dichiarato a Fox news David Arakhamia, un membro della squadra negoziale di Kiev. "Siamo pronti a discutere di alcuni modelli non Nato - ha precisato – Ad esempio, potrebbero esserci garanzie dirette da parte di diversi Paesi come Stati Uniti, Cina, Regno Unito, forse Germania e Francia. Siamo aperti a discuterne con altri partner".

L’incrocio diplomatico – oggi apre il terzo round di confronto in luogo segreto – è un rompicapo con le migliori intenzioni: si dipana tra Mosca e Tel Aviv, si ravviva tra Istanbul e Parigi, si nasconde tra le ambizioni e i silenzi di Pechino. Il problema non è neppure la mancanza di risultati, ma l’assenza di una traccia plausibile per la tregua. La mediazione israeliana tentata dal premier Naftali Bennett con volo Tel Aviv-Mosca – appoggiata e condivisa dal presidente ucraino Volodymyr Zelensky – individua una strada stretta. Sui contenuti, nulla trapela. Dopo l’incontro al Cremlino, tre colloqui telefonici con Zelensky e lo scalo a Berlino per incontrare il cancelliere Olaf Scholz, da Gerusalemme Bennett afferma "l’obbligo morale di Israele di porre fine alle sofferenze della guerra, anche se le possibilità non sono grandi". Poi risente Putin, Scholz e il presidente francese Emmanuel Macron, infine spedisce il ministro degli Esteri Yair Lapid per incontrare oggi a Riga, in Lettonia, il segretario di stato americano Antony Blinken. "Finché la candela é accesa, dobbiamo provare, e forse possiamo ancora agire", dice Bennett parafrasando un adagio rabbinico. Israele si prepara a una grande Aliyah, dopo quella che dal 1989 portò allo sbarco di un milione di ebrei ex sovietici. E sono almeno 150mila quelli che adesso potrebbero fuggire dall’Ucraina. Lo stesso Zelensky è ebreo. Ma Israele, che nelle azioni aeree in Siria mantiene coordinamento con Mosca, vorrebbe ritagliarsi un di autentica mediazione per "favorire il dialogo" (ancora Bennett). "È uno dei pochi Paesi che ha buoni rapporti con Usa e Nato e può parlare sia con Zelensky sia con Putin, mantenendo aperti un canale e la speranza – spiega Neri Zilber, analista del Washington Institut for Near East Policy –. Israele è percepito più neutrale".

Anche il presidente turco Recep Tayyip Erdogan chiama Putin e offre il suo Paese come sede di colloqui di pace. Il vertice telefonico si protrae per un’ora. "Spianiamo la strada alla pace e facciamolo tutti insieme. È necessario un cessate il fuoco per aprire corridoi umanitari ai civili. Occorre porre fine alle ostilità. È urgente e necessario compiere un passo verso la pace", è il suggerimento di Ankara. Ma il Cremlino tira dritto e ribadisce "l’inutilità di qualsiasi tentativo di Kiev di trascinare il processo negoziale". Putin è "determinato a raggiungere i suoi obiettivi" di "neutralizzazione dell’Ucraina": "se non con il negoziato, con le operazioni militari", riconosce da Parigi Macron dopo una telefonata critica al presidente russo al quale contesta l’abnorme quantità di vittime tra i civili e le mancate evacuazioni. Ma zar Vlad scarica ogni responsabilità addosso agli ucraini ai quali chiede unicamente la resa.